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NOSTRA SIGNORA ANNUNZIATA DELL'ARMA (2)

Santuario dedicato alla Gran Madre di Dio Maria Santissima
Nostra Signora Annunziata dell'Arma
a cura degli Amministratori del Santuario di Bussana - 1935




La divozione al Santuario

Riassunta così brevemente la storia del santuario di Nostra Signora Annunziata dell'Alma nell'antichità, vediamo di seguirne lo sviluppo edilizio e religioso nell'epoca moderna e contemporanea, a noi più vicina.
Come già abbiamo narrato più sopra, i monaci Benedettini, riconsacrando la grotta al culto della Beata Vergine Annunziata, vi ricostrussero l'antico altare in legno, collocandovi un'immagine della Madonna, probabilmente venuta dall'Oriente (come tante altre immagini miracolose, che si venerano nella Riviera Ligure), durante la persecuzione iconoclasta dell'imperatore Leone Isaurico (a. 717-741).
Ma la tradizione secolare, ricordata nel libro dei conti tenuto dai massari del santuario fin dal 7570, e raccolta dal Prevosto Don Pietro Bernardo Palmare nel 1665, in una scrittura conservata nell'archivio Parrocchiale di Bussana - che viene riportata integralmente in calce al presente opuscolo (allegato B) - vuole che il quadro sia stato consegnato direttamente dalla Vergine Santissima ad una pastorella, muta dalla nascita, alla quale era apparsa, donandole la favella e ordinandole la erezione di un altare sul luogo dell'apparizione.
Questo quadro, essendo stato distrutto dalla umidità, venne sostituito nel 1589, con altro quadro del pittore Bernardo Castelli di Genova, per cura del prevosto Don Francesco Oliva; il quale, per proteggere dall'umidità sia il quadro che l'altare, fece costruire sopra di questo un'ampia volta in muratura.
Ma, non ostante tale riparo, anche il quadro del Castelli venne rovinato dall'umidità; ed allora il Rev.do prevosto Don Antonio Bottini ed i massari del santuario Marc'Antonio Torre e Antonio Carbone pensarono di sostituire la pittura con la scultura, e nel 1608 commisero l'opera allo scultore Oberto Casella di Genova. Questi gettò in un bel marmo bianco di Carrara due statue di grandezza naturale, una rappresentante la Beata Vergine genuflessa, in soave, umile atteggiamento di preghiera, e l'altra di fronte, rappresentante l'Arcangelo Gabriele, nell'atto che Le annunzia il misterioso evento, atteso fin dalla creazione del mondo. Le due statue sono sormontate dalla mistica colomba, posta in mezzo ad una raggiera di marmo giallo. Tutto l'insieme costituisce un'opera artistica di mirabile effetto, degna di grande maestro, meritatamente elogiata da tutti i competenti per la grande devozione che inspira nei fedeli.
Sullo zoccolo reggente la statua della Beata Vergine leggesi la seguente epigrafe: "Xi anno 1609 ex piis eleemosinis Gubern, M. et R. D. Antonio Bottino Preposito ac Marco Antonio De Turri et Io - Ant.° Carbone Massariis loci Bussanae - Obertus Cazella sculptor".
Nello stesso anno furono costruite, pure in marmo, le balaustrate antistanti al presbiterio, con le due colonnine centrali portanti in bassorilievo due statuine, rappresentanti il precursore San Giovanni Battista ed il patrono della chiesa parrocchiale di Bussana Sant'Egidio.
Crescendo intanto grandemente fra il popolo ligure la devozione a Maria Santissima ed estendendosi la fama dei miracoli della Beata Vergine Annunziata, venerata nel santuario della grotta di Bussana, vi affluivano sempre più maggiormente i pellegrini, aumentandone le rendite con le loro elemosine, delle quali si servivano gli amministratori, ossia i massari, per abbellire il sacro speco. E così, nel 1624 fecero rifare il pavimento ed aprire sul mare un'ampia finestra, munendola di robusta inferriata, sormontata da una piccola lapide portante la seguente inscrizione: "Opus in onorem Beatae Mariae Verginis ex piorum eleemosinis - 1624.
Successivamente, aumentando sempre il numero dei pellegrinaggi e la somma delle offerte dei fedeli, si costruì nel lato destro del presbiterio, un secondo altare, coperto da una leggera volta a padiglione, sostenuta da piccole colonne doriche e ornate da marmi policromi vagamente intarsiati. Sopra l'altare venne, nel 1721, collocata un'ancona di bianco marmo, egregiamente scolpito dal maestro Antonio Marini di Oneglia (quello stesso che nel 1712 aveva costruito l'altare maggiore della chiesa parrocchiale di Bussana vecchia) in altorilievo, rappresentante la fuga della Sacra Famiglia in Egitto per sottrarsi alla persecuzione di Erode.
E più tardi, per fare simmetria, venne eretto, all'ala sinistra del presbiterio dell'altare maggiore, un altro altare, coperto pur esso da una leggera volta a padiglione, sostenuta da colonnine doriche, sopra il quale venne collocata nel 1769 un'altra pregevole ancona di marmo, scolpita in alto rilievo, in modo veramente ammirevole, da valente artista rimasto finora ignoto, rappresentante la B. Vergine intenta alla sacra lettura sotto la guida di S. Anna sua madre mentre il padre S. Gioachino, posato alquanto più indietro, è rapito in estasi celestiale. Questi due altarini con l'altare maggiore formano un tutto armonico, così bello e suggestivo, da rendere meno orrida e quasi graziosa una spelonca, dove la Vergine Maria Santissima non ha disdegnato di ricevere il culto dei fedeli suoi figli fin dai primi tempi, in cui si propagò il Cristianesimo nella nostra Riviera.
Occorre, a questo punto, rilevare che fino al 1682 si entrava nella chiesa per mezzo di un unico ingresso, che si trovava, e si trova anche attualmente, dalla parte di ponente, e vi si accedeva mediante una scalinata scendente dalla soprastante strada romana, la quale passava sopra il promontorio, rasentando la parte più meridionale dell'attuale fortilizio.
Si ritenne, perciò, necessario, per il maggior decoro del santuario e per facilitarne l'accesso ai numerosi pellegrinaggi, di costruire davanti ad esso un comodo piazzale, il che fu fatto nel suddetto anno dal capomastro muratore Giacomo Geva di Pietrabruna, mediante la elevazione di un grosso muro sulla spiaggia del mare.
Terminata la costruzione del piazzale - il quale, venne congiunto, dalla parte di ponente, con la strada romana - si aprì sullo stesso la porta principale del santuario, con due ampie finestre ai lati di essa, munite di robuste inferriate, per dar luce all'interno della chiesa. Successivamente, e cioè nel 1757, si congiunse il piazzale con la strada romana, anche dalla parte di levante, mediante la deviazione di quest'ultima verso sud e la costruzione di un ponticello, basato da una parte sul muro di sostegno del piazzale e, dall'altra, sopra l'estrema punta orientale del promontorio. Più tardi ancora, e cioè, quando venne aperta nel 1814 la strada Napoleonica, questa venne congiunta con la strada romana, mediante la costruzione di un altro breve tratto stradale.
Per la conservazione ed il culto del santuario, occorreva la presenza continua di un religioso, e perciò nel 1640 venne edificata, alla sua sinistra, alquanto al disopra del piazzale, una comoda casetta destinata all'abitazione del custode, o eremita.
In tre giorni dell'anno, ossia nel 19 Marzo, sposalizio di S. Giuseppe con M. V., nel 25 Marzo, ricorrenza dell'Annunziazione e nel lunedì dopo la domenica in Albis, si celebravano al santuario feste solenni, con maggior concorso di fedeli, di pellegrinaggi e di confraternite religiose venuti dai paesi vicini e lontani.
Nel giorno 14 del mese di Febbraio del 1814, il nostro santuario ebbe la grande fortuna di ospitare il Sommo Pontefice Pio VII, reduce dalla cattività di Francia, il quale vi pontificò e ne dotò l'altare maggiore di speciali privilegi. A perpetua memoria di questo fausto evento, il M. R. Canonico Don Giacomo Calvini di Bussana dettava l'epigrafe scolpita sulla lapide marmorea, che in quella occasione, venne collocata sulla porta principale della chiesa (1).
Per questo santuario ebbe sempre una profonda divozione la popolazione bussanese la quale, oltreché nelle festività sopra ricordate, vi si recava in processione da Bussana vecchia, in occasioni straordinarie, per impetrare dalla B. V. Annunziata la liberazione da qualche imminente flagello, o qualche altra grazia speciale, con alla testa il Cristo Grosso, - (Crocifisso miracoloso, opera di grande artista del secolo XVI, che anticamente si trovava sopra l'altare maggiore della chiesa demolita nel 1652, e che attualmente viene esposto al pubblico soltanto nelle grandi occasioni) - seguito dal R.do Prevosto e dal Clero, dalla Confraternita di San Giovanni Battista, dalla compagnia delle figlie di Maria e da tutto il popolo salmodiante e piangente (allegato D); e non si è mai dato caso che la grazia invocata non sia stata concessa dalla SS.ma Vergine Annunziata (2).
Una devozione speciale ebbero, poi, per la B.ma Vergine Maria, Venerata nel nostro Santuario sotto il titolo dell'Annunziata, tutti i parroci di Bussana, a cominciare dal lontano Don Antonio Beccacuto, il quale ne rivendicò il possesso alla sua parrocchia contro le pretese del parroco di Taggia nel 1427, da Don Antonio Bottini, che fece scolpire dal maestro Casella le due belle statue che si ammirano sull'altare maggiore, da Don Pietro Bernardo Palmaro che raccolse nel 1665 la tradizione sulla apparizione della Vergine SS.ma alla pastorella sordomuta dalla nascita e la conseguente di lei miracolosa guarigione, al Don Vincenzo Fornara, che ebbe la ventura di assistere nel 1814 all'ingresso nel santuario del Santo Padre Pio VII ed alla celebrazione Pontificale dei Santi Uffizi, al canonico Don Giacomo Calvini, che dettò l'epigrafe commemorativa del fausto avvenimento, al R.do Padre Don Francesco Donetti della Compagnia di Gesù, che predilesse grandemente il santuario e lo dotò di un prezioso calice, al nipote di questi Don Vincenzo Donetti, rettore della parrocchia di Bussana dal 1848 al 1875, che fece riparare il muro di sostegno del piazzale, fece rifare il pavimento della chiesa e, finché visse, cioè fino al 1898, non mancò mai di celebrarvi la santa messa tutte le domeniche, e nel 1894 vi benedisse le auspicate nozze dell'Avv. Silvio Boselli, figlio di Paolo Boselli, con la Gent.ma Sig.na Amelia Piacenza, al R.do Padre cistersiense Guglielmo Comanedi, per incarico del quale Antonio Pitto compose una pregiata monografia, al Padre Cappuccino Lodovico da Bussana, che lasciò manoscritta una bella storia del nostro Santuario, e finalmente al non mai abbastanza ricordato Don Francesco Lombardi, parroco di Bussana dal 1875 al 1922 che ne fece rifare in parte il piazzale mediante la costruzione di due ampie volte.
Senonché tanto fervore di opere religiose e di fede non poteva incontrare il beneplacito del Maligno Spirito, il quale scatenò contro il vetusto Santuario l'arte nefanda di ignoti vandali e le forze distruggitrici della natura.
I primi, durante la grande guerra, si introdussero nella chiesa, strapparono i gioielli ed i voti alla statua della Madonna, scassinarono la cassetta delle elemosine e, non essendo rimasti abbastanza soddisfatti del bottino, deturparono le sacre immagini, togliendo dalla raggiera soprastante alle statue collocate sopra l'altare maggiore e frantumando la mistica colomba, rappresentante lo Spirito Santo, rompendo un dito della mano destra alla statua della B. Vergine, ed un dito pure della mano sinistra alla statua dell'Arcangelo Gabriele; infransero una mano ed il naso alla statua di Sant'Anna, il naso ed il libro alla statua della B. V., nell'ancona di sinistra; mutilarono una mano alla statua di San Giuseppe nell'ancona di destra; e causarono altri irreparabili danni.
Alla malefica opera satanica dei vandali si associarono le forze distruggitrici della natura, ossia le onde del mare, le quali a forza di battere contro il muro di sostegno del piazzale, finirono con demolirlo parzialmente.
Per porre riparo a tanti danni che, col trascorrere degli anni, allontanarono i devoti ed i pellegrini dalla visita e dalla devozione al vetusto santuario, si accinsero il M. R. Prevosto Cav. Don Francesco Buffarla e gli odierni massari Cav. Giovanni Donetti e Avv. Vincenzo Donetti i quali, confidando in Maria SS.ma e nei suoi fedeli Bussanesi ed Armesi, che non mancheranno certamente di dare il loro obolo per rimettere il Suo santuario nell'antico splendore, ricorsero all'opera generosa del giovane e valente architetto Aldo Morando di Sanremo, il quale ha disposto un progetto completo di ricostruzione del piazzale, rispondente a tutte le esigenze dell'arte tecnica moderna, e illustrato con numerose fotografie di una nitidezza irraggiungibile e di bellezza incomparabile, delle quali abbiamo riprodotto alcune nel presente lavoro, progetto che venne approvato dalla competente Autorità Marittima e dall'Ufficio Tecnico Municipale di Sanremo, e che verrà posto in esecuzione (allegato C).

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[ Progetto del piazzale ]

La spesa occorrente, preventivata in lire sedicimila, sarà facilmente coperta dagli Enti interessati e dai fedeli della Santissima Vergine Annunziata, i quali dimostreranno così che non è per anco intiepidito il loro fervore ed il loro affetto per il Santuario a Lei dedicato, cotanto profondamente radicato nei cuori dei loro antenati.


Note:

  1. Ecco il testo dell'epigrafe:
    D - O - M
    QUOD HOCCE ANTRUM
    NUNCIATAE SACRUM DEIPARAE
    PIUS VII PONTIFEX MAXIMUS
    IDIB. FEBR. AN. MDCCCXIV
    DEVICTIS RELIGIONIS HOSTIBUS - E GALLIA REDUX
    VENERABUNDUS INTRAVIT -
    ARANQ. MAIOREM
    VINCENTIO FORNARA PRAEPOSITO ENIXE HORANTE
    PERPETUO DONAVIT PRIVILEGIO -
    AETERNUM MEMORES - LUBENTESQUE
    BUSSANENSES POSUERUNT

  2. Le sagre, che si celebravano durante le tre sopra ricordate feste di San Giuseppe, dell'Annunziata e del lunedì dopo la domenica in Albis destinato alla fiera grossa, erano desiderate intensamente, e sognate da un anno all'altro, dai bambini, i quali vi si preparavano molti giorni prima, ricorrendo ai parenti, ai padrini ed alle madrine per racimolare pochi soldini, che per essi avevano il valore di un tesoro, che poi spendevano sulla fiera, acquistando confetture e giuocattoli e specialmente giuocando ad una specie di roulette, consistente in un'assicella, munita di una punta pieghevole, girante sopra un piano circolare, sulla cui circonferenza erano piantati a regolari distanze dei piccoli chiodi, alla base di ognuno dei quali era segnato un numero, e sopra il numero posava un giuocattolo od un dolciume. Quest'ordigno mandava in delirio il bambino che, eseguito il deposito di un soldino nelle mani del suo proprietario, dava la spinta all'assicella, la quale, dopo compiuti diversi giri, si fermava davanti ad un numero, sul quale era posato l'oggetto ardentemente desiderato dal bambino. Il fortunato proprietario di un tale istrumento, che tanta gioia procurava ai bambini di molti anni addietro, e che mi pare ancora di vedere, era un uomo di piccola statura, di colorito bruno con occhi cerulei vivacissimi, portava appiccicato sul mento un pizzetto nero alla moschettiera, e si chiamava Antonio Conio. Se non erro, era il nonno del Prof. Antonio Conio, che in oggi si nasconde sotto l'umile saio del Serafico d'Assisi, col nome di Fra Ginepro, e costituisce la gloria della nostra Riviera d'Oro.

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