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Appunti e notizie sul territorio di Arma e Taggia - Antichi Pittori


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Le pitture descritte nella "Cronaca"

Dalla lettura della Cronaca risulta che il padre Calvi nel darci le indicazioni relative alle pitture esistenti in quella Chiesa e nel Convento dei padri dell'ordine di S. Domenico, non adoperò tutta quella diligenza che poteva dare maggior merito alla sua opera. Infatti egli non seppe indicarci il nome degli artisti che eseguirono quelle pitture ch'egli non seppe nemmeno descrivere esattamente, ad eccezione forse degli affreschi che si osservavano nella biblioteca, e che ora più non esistono. Una nota aggiunta in margine dal Canonico Vincenzo Lotti, dice: Auctor Picturae istius creditur Luduvicus Brea Niciensis. Vid. fol. 9 a tergo. Vedremo in seguito quanto si legge alla pag. 9; per ora, proseguendo per ordine leggiamo quanto segue:
...Jcon autem seu palla altaris maioris, in qua depicta est Beatissima Virgo Maria cum pallio Saphirino expanso, et sub illius protectione populus Christianus ecclesiasticus ex una, et secularis ex altera, cum immaginibus Sanctorum. Apostolorum Jacobi maioris, et Johannis Evangeliste eius fratris, et pariter Sanctorum Dominici Patris Nostris, Petri Martyris, Thome Aquinatis, Vincentij Confessoris, Cattarinae de Senis, et alijs (le figure sono otto, manca solo il nome di S. Teresa) fabricata fuit impensis Nobilium Dominorum Francisci et Cristophori quondam Ludovici de Paschis, et ut ex antiqua cedula patet, expederunt in illud opus libras ducentas quindecim, solidos duos, et denarios duos, omnia haec facta sunt circa annum domini 1483.
Ma come già dicemmo è errato il nome del padre dei fratelli Pasqua. Moltissimi atti notarili di quell'epoca ci accertano che il nome di costui era: Giovanni Pasqua quondam Giacomo. Dall'esame di tali atti risulta che nel 1483 egli era ancor vivente; morì forse nell'aprile del 1484, poiché in una nota esistente negli atti del notaro Guglielmo Porro si legge: 1484 die IIII madii. Christophorus Pasqua apreendit curam Bartolomei Benedicti Francisci et Petri Johann. fratrum suorum.
Certamente il quadro descritto dal Calvi è quello al quale si riferisce l'atto 15 aprile 1488 (del notaro Bart. Curli) col quale Ludovico Brea dichiara di ricevere da Cristoforo Pasqua del fu Giovanni di Taggia, scudi sette d'oro a complemento di scudi 65 già pagati dal detto Cristoforo per il quadro di Santa Maria della Misericordia, le quali somme furono sborsate in seguito a legato del padre suo Giovanni (pag. 124).
Osserviamo infatti che i 72 scudi pagati da Cristoforo Pasqua, calcolati in ragione della loro valuta di lire 3 ciascuno, fanno un totale di lire 216, somma che è quasi uguale a quella dal Calvi indicata in lire 215, soldi 2, denari 2: indicazione che quasi sembra uno scherzo ideato dal Calvi per dimostrare l'esattezza scrupolosa di tutto quanto egli racconta nella cronaca.
Per chi non conoscesse il significato della parola Saphirino, riportiamo quanto leggesi nel Dizionario del Cittadino edito a Nizza nel 1763: Zaffiro: pietra preziosa trasparente d'un turchino assai vivace...
I santi di cui parla il Calvi come se facessero parte della stessa tavola della Misericordia, sono invece separati, e si trovano nel coro, e si direbbero, se non di altra mano, posteriori di qualche anno alla Madonna.
Qualche scrittore disse che in questi quadri si riscontra il fare del Masaccio o di Corrado d'Alemagna, ma coloro che parlarono del Masaccio o del Perugino non fecero che copiare o imitare quanto pel primo scrisse Davide Bertolotti: « Taggia è un luogo di caro peregrinaggio a chi ama i dipinti del secolo che comincia da Masaccio e finisce col Perugino ».
Il Masaccio visse fra il 1402 e il 1449. Eseguì scorci difficili, ebbe un modo semplice e naturale di atteggiare panneggiamenti, fu studioso osservatore della prospettiva, dimostrò fecondità nell'invenzione, originalità nel complesso, correttezza nel disegno, naturalezza e armonia nel colore; fu una delle glorie più preziose dell'Italia che si preparava al rinascimento artistico (L. Locati - Storia delle belle arti).
Come vedesi v'è molta differenza da quanto scrissero gli uni ed asserirono gli altri. Né potevansi mettere insieme il Masaccio con un incerto e sconosciuto Corrado d'Alemagna, né col Rossi, né col Maccario.
Alla pagina 9 indicata nella nota suaccennata leggesi la descrizione della gran tavola di N. S. del Rosario, e trovasi cenno d'altre pitture:
Circum quaque autem ipsam Pallam quindecim Mijsteria Sacratissimi Rosarij... Artifex seu pictor illius iconis creditur Lndovicus Bica Niciensis a quo et bibliothecam depicta fuit (Ved. alle pag. 124 e 180).
Sull'originale manoscritto della Cronaca vedesi corretto in Brea il nome errato di Bica. La correzione fu fatta certamente dopo il 1700 da qualche frate, che aveva forse imparato il vero nome del Brea dalla lettura dell'opera dal Sopranis pubblicata nel 1667, sui pittori ed altri uomini illustri della Liguria.
Infatti nella copia del manoscritto del Calvi, eseguita dopo il 1700 ed esistente nella biblioteca Berio di Genova, leggesi copiato l'antico errore del Calvi.
Il Dott. G. Martini però, nel suo opuscolo intitolato « Taggia e i suoi dintorni », dice che la biblioteca fu dipinta nel 1538 da un Ludovico Brea nipote dell'altro Ludovico, ma certamente ha errato, volendo forse parlare di Francesco Brea, benché non si possa nemmeno in oggi dire, che costui fosse veramente il nipote di Ludovico, e neppure ch'ei dipingesse la biblioteca, poiché a pag. 26 della Cronaca, riferentesi all'anno 1487, dice il Calvi: Pictor librarie erat d. Ludovicus Bica Niciensis qui eam pixit gratis et amore Dei; ed aggiunge poi che ai piedi del Crocifisso era dipinto San Tommaso d'Aquino che si diceva l'effigie di Nicolò Doria morto nel 1531, e già priore del Convento nel 1473. « Le pitture furono però cancellate, in seguito forse di riparazioni per guasti di terremoto o del tempo ».
Si ha nella Parrocchia di Taggia, nella prima cappella a sinistra entrando, una tavola rappresentante tre figure di Santi ed altre figure minori nella cimasa, la qual'opera viene attribuita a un Brea. Nella parte inferiore leggesi la data 1546 senza alcun nome. Ma l'esecuzione di questa tavola è così scadente, che non farebbe certo onore al Francesco Brea, se veramente fosse opera sua. Gli vien attribuito un quadretto rappresentante San Fabiano, che si trova a Genova nel Palazzo Bianco, ed anche un quadro che trovasi nella chiesa Parrocchiale di Soldano.
L'unico quadro veramente autentico che fin'ora si conosca di questo pittore, è la bella ancona che ammirasi nella Chiesa Parrocchiale di San Martino d'Entraunes (Contea di Nizza). Rappresenta nella parte centrale la Vergine che protegge numerosi personaggi religiosi e laici inginocchiati sotto il suo manto; ai lati e nella parte superiore diversi santi.
Una scritta ne rivela il nome e la data nei termini seguenti: Franciscus Brea pinsit 1555.
Il quadro appare in ottimo stato di conservazione e fu fatto conoscere per la prima volta al pubblico studioso, dal signor Bres di Nizza, nel suo opuscolo « Notizie varie concernenti la regione nicese » pubblicato a Nizza nel 1909 (Vedere le pag. 101, 157).

Non vogliamo parlare delle opere moderne che si trovano nella Chiesa di S. Domenico, benché possano avere qualche pregio artistico. Non possiamo però tralasciare di far notare come l'autore della Cronaca non abbia nemmeno riportato una certa iscrizione che si legge in modo assai chiaro ed evidente su un bigliettino bianco dipinto sulla culla del Bambino di un certo quadro, iscrizione che fu poi aggiunta in margine alla Cronaca, dal Canonico Vinc. Lotti: « In haec palla seu tabula legitur: Io Baptista Trotus dictus Molossus Cremonensis faciebat anno a partu Virginis 1593.
Postremo versus portam maiorem ecclesiae est sacellum Annunciationis Dominicae fabricatum a Nobilibus Dominis Sebastiano et Fabiano fratribus Asdentibus, ibi in palla altaris est imago Beatae Virginis prout fingitur ab Angelo Gabriele salutatam, a destra aut et leva Sancti Martijres Fabianus et Sebastianus circumquoque autem Mijsteria Sacratissimi Rosarij, et stemmata Nobilis familiae de Asdentibus anno domini 1474.
»
Tralascia il Calvi di indicarci le immagini di San Domenico e di San Pantaleo che si vedono rappresentate negli scompartimenti sovrastanti a quelli descritti.
È tradizione che la figura di San Pantaleo sia il ritratto dell'autore del quadro. Infatti dimostra l'età di circa 45 anni, quanti appunto ne doveva avere Ludovico Brea nel 1495, e tiene in mano un oggetto che sembra un pennello.
Già abbiamo parlato di questo quadro assai rovinato, e di quello più grandioso e ricco e ben conservato, esistente nella cappella della famiglia Curlo, attribuendoli con certezza a Ludovico Brea.
Oramai possiamo facilmente convincerci della verità di quanto abbiamo voluto dimostrare col sussidio dei documenti e con lo studio di tali opere, poiché abbiamo il mezzo di confrontare fra di loro le opere del Brea mediante le splendide fotografie che il Ministero della Pubblica Istruzione ha fatto ricavare dai quadri esistenti in Taggia e da quello che trovasi a Moltalto nell'antica Chiesa di San Giorgio dichiarata Monumento Nazionale. Confrontiamo adunque tali opere ed osserviamo specialmente il modo in cui son disposte le freccie nella immagine di San Sebastiano che si vede ripetuta nei predetti quadri. Quanto è pur evidente il vantaggio che si ottiene dal poter fare questi confronti per opere di uno stesso pittore che trovansi in luoghi diversi! È a desiderarsi che l'opera dal Ministero incominciata, sia presto portata a compimento, che cioè sieno pubblicate le fotografie di tutte le antiche opere di pittura che trovansi sparse qua e là nei paesi della Liguria ed altrove.
Nella prima cappella a destra entrando, v'era un quadro di S. Tommaso d'Aquino che or più non esiste, e che il Calvi dice eseguito nel 1543. Era forse l'ancona eseguita nel 1538 da Francesco Brea. Aveva ai lati S. Antonino arciv. e S. Antonio abate; in alto S. Catterina da Siena e la B. Osanna di Mantova, di sotto alcuni fatti della vita di S. Tommaso. Ne riparleremo.
Sequitur Capella Sanctae Mariae Magdalene in cuius opere ac structuram Nobiles viri domini Bonifacius, Julianus et Michael de Revellis expendiderunt libras centum. Verum tamen est quod R. D. Pbr Bonifacius Rogerius q. Philippi pallam illius altaris fieri fecit suis sumptibus ut videri potest in quodam tabula depicta in parte inferiori illius pallae.
In ipsa autem depicta est imago B. Virginis Mariae cum filio in gremio tenente in manu auriculum carduellum. A dextris aliter sanctus Philippus Apostolus, et Sanctus Pater Dominicus, a sinistris Sancta Martha cum vasculo aquae benedictae et aspersorio et Sancta Maria Magdalena sparsis crinibus ac vase alabastrino...
Inferius antem sunt depicta aliqua gesta Sanctae Mariae Magdalenae ut mensa in domo Simonis leprosi, et lotione pedum Dominicorum resurrectio Lazari, elevatio Sanctae Mariae Magdalenae ad audiendas divinas laudes communicatio eiusdem p. manus Sancti Maximini, et cum altero Sacerdote tenente propter hoc candelam accensam, et dicitur effigie prefacti R. Pbr Dni Bonifacij Rogerij.

Il quadro fu acquistato da un medico russo a Sanremo ma la predella esiste (Autore P. F. Sacchi: pagina 219).
Sono assai belle, e per finezza d'esecuzione possono paragonarsi a vere miniature. Disgraziatamente alcune di esse sono quasi interamente cancellate dal continuo appoggiar dei quadretti di preghiere dell'altare.

Tertio loco est sacellum S. Vincentii confessoris ex ordine nostro tenentis in manu librum apertum in quo legitur: - Timete Deum et date illi honorem, quia venit hora iudicij - et a latete quidem dextro est effigie S. Vincentii levitae et martiris a sinistro sancti Erasmi episcopi et martiris cum intortilio in manu accenso. Istiud autem fabricatum fuit impensis nobilium virorum dominorum Francisci, et fratrum de Bonifaciis...
Pro icone autem sive altaris palla domina Vincentia praefati. D. Francisci filia... legavit... libras centum... Facta fuit autem palla illa anno Domini 1501 per Nicolam Cyrnum pictorem.

A questo punto leggesi quanto già riportammo relativamente alla cappella di S. Pietro martire (p. 133).
Alla pag. 23 si trova la descrizione di alcune pitture eseguite a fresco sui muri del Cap.:
Eodem anno 1482 die secunda aprilis completum fuit capitulum conventus nostri, et egregie depictum ibi est super muro effigie D. N. Jesu Christi Crucifixi, ad cuius latus dextrum est imago B. Mariae Virginis, ad levium S. Joannis Apostoli et Evangelistae, in parte autem dextram adhuc, sunt depictae imagines S. Vincentij confessoris et S. Sebastiani martyris sagittis confessi in altera S. Petri martyris iunctis manibus et S. Crispini martyris cum scuri in mani. Sub picturis istis legitur: hoc opus fieri fecit m. Johes Arnaldus MCCCCLXXXII die 11 aprilis.
Sul muro a destra dell'entrata di levante della Chiesa di S. Domenico, e cioè rimpetto alla cappella dei Curlo, esiste un bel quadro che è forse quello che il Calvi dice eseguito da Nicolò Cirno nel 1501. Nel mezzo vi sono rappresentati due santi; quello a destra di chi osserva tiene in mano un libro e una palma, e quello che trovasi alla sinistra, tiene in mano una torcia accesa, cosicché sembrano corrispondere ai Santi Vincenzo levita ed Erasmo Vescovo, indicati dal Calvi. Di sopra v'è l'Annunciazione; ai lati sei figurine, e cioè tre per parte, rappresentanti: S. Domenico col giglio, S. Chiara, S. Nicolò di Bari, S. Francesco d'Assisi, S. Bernardo, S. Biagio. Ma di queste figure nulla dice il Calvi né l'Alizeri che indica solo S. Vincenzo che doveva essere nel reparto centrale e che ora non esiste più.
Il Conte Baudi di Vesme suppose che questa tavola fosse opera di quel Sacerdote Giovanni Canavesio che fu l'autore degli affreschi del 1482 descritti dal Calvi e del quale esistono pitture nella Chiesa di Pigna e nel Santuario di Nostra Signora di Briga, a Triora in S. Caterina, e a Pornassio e altrove. È stupenda l'ancona che trovasi nella chiesa parrocchiale di Pigna, all'altar maggiore, bellissimo dipinto a fondo d'oro, attribuito al Canavesio. Copre la maggior parte del muro frontale dell'abside. È diviso in nove compartimenti con leggiadre gallerie sporgenti, al cui centro vi è l'Arcangelo San Michele, patrono del paese. Nella chiesa di San Bernardo vi sono dei bellissimi affreschi rappresentanti i principali protettori di Pigna, la passione di Gesù, il giudizio Universale ed il Paradiso. Fra un quadro e l'altro serve di cornice un nastro sul quale è scritto in caratteri gotici un versetto della sacra scrittura. Sulla parte destra, sotto l'arma del Comune di Pigna, v'è la seguente iscrizione: hoc opus fecit fieri comunitas Pigne sub anno domini MCCCCLXXXII die XV oclobris. Johannis Kanavesi de Pinarolo pinxit.
La somiglianza della lettera gotica K con la lettera R, ha fatto riportare questa iscrizione in modo errato, cioè col nome cambiato in Ranavesi.
Sulle pitture che sono sulla facciata della Chiesa Parrocchiale di Pornassio si leggeva l'iscrizione:
Presbiter Johannes Canavesio pinsit.
Anno domini 1490 die vigesimo mensis martii ad honorem dei et gloriose Virginis ac Sancti Dalmatii; Communitas Pornaxii, fieri fecit hoc opus: regente domino presb. Lazaro Bonanato Rectore dicti loci.

Maggior opera è una tavola che lavorò il Canavesio nel coro di quella chiesa, con l'effigie del Santo Patrono, sottoscritta anch'essa a chiare lettere dal pittore.
Nella stessa Cronaca del Convento si legge notizia d'altre pitture dell'Oratorio... Sancti martiris Fabiani et Sebastiani in quo depicta in muro sunt misteria Passionis ac Resuretionis Domini nostri Jesu Christi.
E da un inventario dei beni mobili e immobili di quest'oratorio, in data dell'8 aprile 1523 (filze del not. Giacomo Revelli) risulta che vi si trovavano due quadri rappresentanti San Sebastiano e San Rocco. Quest'Oratorio è in oggi adorno delle pitture di moderni artisti tabiesi, G. B. Oggero, e Pietro Vivaldi, ne più esiste alcuna traccia o memoria d'antiche pitture.

Sono dell'Oggero i quattro quadri che adornano le pareti dell'oratorio, rappresentanti la Natività, l'Adorazione dei magi, la Risurrezione e la Pentecoste; sono copie di opere di celebri artisti. L'Oggero possedeva un colorito tutto suo proprio, dolcemente sfumato, su cui l'occhio fissandosi riposa.
Sono del pittore Pietro Vivaldi i due medaglioni che adornano il volto della stessa chiesa, e rappresentano l'uno il biblico miracolo del serpente di bronzo, l'altro San Bonaventura in atto di porgere le regole alla Confraternita. Il colorito audace e vivace del Vivaldi contrasta mirabilmente con quello dell'Oggero, e l'effetto ne riesce sorprendente a chi dalle pareti solleva lo sguardo ai medaglioni del volto.
Sono dello stesso pittore i quattro evangelisti che sono dipinti ai basamenti della cupola della moderna chiesa di Santa Caterina da Siena; ma in tale lavoro il Vivaldi restò di molto inferiore a se stesso (Martini - Taggia e i suoi dintorni, pag. 39-40).



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