Location: Index >>  Storia di Arma >>  Documenti >>  Curiosità
,
PILLOLE DI CURIOSITÀ

Premessa

Alcuni taggiaschi (pochi in verità), rivelano alcuni testi (vedi Nilo Calvini, Paolo Accame, Lorenzo Reghezza, documenti comunali storici di tutto il II Millennio, "Liber Iurium", ecc.), sono un pochino prepotenti e pochino democratici, fin dai tempi antichi.
Essi non conoscono certamente la frase "Disapprovo quello che dite, ma difenderò fino alla morte il vostro diritto di dirlo", frase nota anche nella variante "Non sono d'accordo con quello che dici, ma darei la vita perché tu possa dirlo", attribuita erroneamente a Voltaire perché in realtà è una citazione della biografia "Gli amici di Voltaire" della scrittrice Evelyn Beatrice Hall.

La gentilezza e il rispetto verso gli altri dimostrano cultura e intelligenza. Rispettare le idee altrui anche se non le condividiamo è un nostro dovere. Chi non rispetta le persone e le idee altrui, fondamentalmente è un ignorante, perché incapace di imparare attraverso il confronto.
Qualcuno è perfino disposto, "dimenticando" la storia di Arma, ad alterare la verità, come succede sul sito del Comune di Taggia, nella pagina dei "Cenni storici", dove le sciocchezze, le imprecisioni, le ingenuità, abbondano in un "minestrone" di contraddizioni.
Prima di scrivere qualcosa bisognerebbe informarsi meglio, leggendo e consultando i documenti storici e non campare ipotesi o conclusioni strampalate e assurde.
L'articolo ha avuto anche un approfondimento anche sul nostro sito, che potete leggere qui.

La storia è piena, purtroppo, di aneddoti negativi sui taggiaschi, mentre non lo è affatto per gli abitanti di Bussana, di Arma, di Riva Ligure, anzi! E non lo diciamo noi! Si legga a tal proposito la Memoria storico-giuridica in difesa del Comune di Riva Ligure di Paolo Accame.
Questi Paesi hanno subìto, nel corso dei secoli, molti soprusi e ingiustizie da parte dei taggiaschi; pertanto, trascriviamo più sotto alcune "perle di saggezza", le più significative, trovate su alcuni testi e in internet!
Probabilmente c'è una sorta di gelosia o invidia da parte di Taggia nei confronti di Arma: situazione che dura da secoli, avallata da alcune amministrazioni comunali succedute nel tempo, ignorata dai consiglieri eletti con i voti di Arma, ma col beneplacito silenzioso di alcuni residenti, che di Arma non gliene frega niente...
Tra l'altro, alcuni componenti delle giunte e dei consigli comunali, ogni tanto, ma da sempre, si abbandonano a dichiarazioni e proposte sul territorio e attività connesse senza conoscere la realtà culturale ed economica di ciò di cui stanno parlando.


Curiosità n° 1 - Taggia: origine del nome

« L'origine del nome "Taggia" è incerto. Alcuni taggiaschi creduloni ed ingenui sono dell'opinione che si tratti del fondatore: un certo "Tages" che secondo un frammento del caldeo Beroso si crede abbia fondato una città sui confini occidentali dell'Italia.
Per prima cosa facciamo osservare che la storia dell'esistenza di questo Tages è proprio una storiella non risultando affatto che sia mai esistito; in secondo luogo resta da dimostrare che città ai confini occidentali dell'Italia non ci sia altro che Taggia; in terzo luogo bisogna tener presente che nei documenti medioevali si trova scritto Tabia e non Tagia, forma che compare assai tardi. È evidente che accanto alla forma dotta e letteraria Tabbia, che si usava nella scrittura latina, il popolo adoperava quella dialettale di Taggia, che poi finì per prevalere ed imporsi. Abbastanza frequente è infatti lo scambio della «bb» della forma letteraria, con quella della «gg» del popolo: la parola italiana gabbia diventa gaggia in dialetto, così pure rabbia si trasforma in raggia. Nulla vieta credere che la Tabbia dei documenti si sia trasformata in Taggia anche senza disturbare il lontano e favoloso Tages.
Chi volle vedervi l'influsso greco e far derivare il toponimo Taggia dalle parole greche: e ghe (= la terra) o ta ghes (= i prodotti della terra) deve documentare che i Tabiesi in antico parlarono greco, e dirci come mai con tanta terra che esiste i Greci siano venuti a chiamare terra per eccellenza quella che è a Taggia. I Romani pur avendo molte città chiamarono Urbe per eccellenza quella di Roma, ma avevano molte buone ragioni per farlo; ma i Greci che speciali motivi potevano avere per definire terra soltanto quella che è a Taggia?
Accenniamo anche di sfuggita alla credulità di coloro che affermano che Taggia era all'epoca romana un centro industriale di somma importanza, giacché vi si fabbricavano le stuoia definite appunto Opertoria tabiana, delle quali parlano gli scrittori latini. Costoro ignorano l'esistenza di Castellamare di Stabia sepolta poi dalle lave del Vesuvio, la quale città assai più vicina a Roma di Taggia, era notissima e molto fiorente? Ignorano che all'epoca in cui si parla di queste stuoia, la Taggia ligure non era ancora sottomessa a Roma? Ignorano che gli antichi Itinerari romani (che pur sono di alcuni secoli posteriori alle fonti che parlano degli Opertoria tabiana) non nominano ancora Tabia, ma solamente Costa Ballene, e che il nome Tabia compare ancora più tardi e nemmeno indica un paese, ma il fiume Argentina o un tratto di terreno?
Come si fa dunque a parlare di una Tabia Romana che se anche esisteva aveva altro nome? ».
Fino a che non si troveranno reperti archeologici romani, Taggia rimane e resterà sempre di origine bizantina, cioè medioevale.

Firmato: "Callion", Eco della Riviera, 11 e 16 luglio 1941.
N.d.R. "Callion" è l'anagramma/pseudonimo di una parte del cognome e nome di un noto scrittore/storico locale: il lettore attento e perspicace indovinerà senz'altro chi si tratta...


Curiosità n° 2 - Considerazioni sui Liguri di Marco Porcio Catone

Marco Porcio Catone (latino: Marcus Porcius Cato, nelle epigrafi M·PORCIVS·M·F·CATO; Tusculum, 234 a.C. circa - 149 a.C.) è stato un politico, generale e scrittore romano, soprannominato "il Censore" (Censor), Sapiens, Priscus, o maior (l'anziano), per distinguerlo da Catone il giovane, il suo bis-nipote.
Marco Porcio Catone definisce i Liguri del Ponente ignoranti e bugiardi, un popolo che ha perso memoria delle proprie origini.
Tutti questi elementi ci fanno capire come i Liguri, popolo antichissimo la cui diffusione in tempi remoti interessò gran parte del Mediterraneo Occidentale, furono assoggettati dai Romani, nei confronti dei quali la mancanza di una cultura, di tradizioni radicate, di un'unità politica e militare e di una classe nobiliare con potere decisionale, furono motivo di debolezza non sufficientemente bilanciata dal vigoroso temperamento che li caratterizzava.
Il rapporto delle forze in campo, nella battaglia del 181 a.C. vinta dal Console Lucio Paolo Emilio, era di circa 1 a 5 in favore dei Liguri (provenienti dai villaggi dell'entroterra e della costa, dai "castellieri" delle valli del Ponente, da Ventimiglia fino ad Albenga: una enormità di combattenti per quel tempo) eppure i romani vinsero, certamente non senza fatica e gravi perdite, ma i Liguri persero quindicimila uomini (altre migliaia di uomini, donne e bambini [in tutto circa 2500] furono condotti a Roma in schiavitù), e il driumviro C. Matieno catturò trentadue navi. Così i Liguri furono sconfitti definitivamente.
I Liguri non lo conoscevano bene, non sapevano con chi avevano a che fare, ma Lucio Emilio Paolo era un grande stratega, conoscitore della tattica militare e grande psicologo, molto colto, amato dalle sue Legioni e già vincitore di tante battaglie. Dopo 13 anni da quel 181 a.C., il 22 giugno del 168 a.C. il Console sconfisse a Pidna (Macedonia Centrale) l'esercito del Re Perseo di Macedonia, in una battaglia memorabile, iniziata all'incirca verso le ore 3 del pomeriggio e terminata un'ora dopo.
Le forze in campo erano favorevoli al Re Macedone, infatti egli disponeva di 40.000 uomini e 4.000 cavalieri, contro 30.000 romani. Inoltre, le Legioni Romane avevano di fronte la terribile "falange macedone", ma servì a poco perché i romani riportarono una grande vittoria, perdendo soltanto un centinaio di uomini e circa 400 feriti. Ma i Macedoni subirono un disastro, con più di 20.000 morti e 11.000 prigionieri (vedi Tito Livio, Ab Urbe Condita).


Curiosità n° 3 - Taggia S.P.Q.T. ???

Lo storico, avv. Paolo Accame ci narra che: "[...] verso il 1050, Taggia era una semplice "corte".
La corte era uno spazio di terreno rispianato (aia) avente annesso un orto ed un verziere, rispondente al "rus" romano: oggi si direbbe "cascina", "cascinale". Quando molte corti e ville si riunirono, si ebbe il villaggio. E, con tuttociò, l'avvocato Fossati fissa il "Senatus populusque Tabiensis" (S.P.Q.T.) al 1071 !
(A tal proposito si veda anche il commento ironico nel Cap. VII di Lorenzo Reghezza in "Appunti e notizie sul territorio di Arma e Taggia").
Queste sigle vennero assai dopo, poiché esse troppo preludiano all'albagia spagnolesca, che inquinò, più tardi, tutta la vita pubblica dei nostri politici e municipali reggimenti. Senonché, come accennammo, vi è un'altra leggenda di S. Siro, posteriore al secolo XIII. Essa è, indubbiamente, fattura del beato Giacomo da Varazze, arcivescovo di Genova, il quale corresse l'antica e, certamente, se qualche cosa vi tolse, lo fece per buone e valide ragioni. Orbene, Taggia sparisce, da tale leggenda [...].


Curiosità n° 4 - Bande musicali (1)

La Banda musicale Anfossi di Taggia non è la più vecchia della Regione, come qualcuno vorrebbe farci credere, perché sorta "solamente" nel 1856.
La più anziana in assoluto della Liguria è, molto probabilmente, la Banda musicale di Voltri (GE), essendo stata fondata nel 1838 e della quale risultano documenti storici attendibili e consultabili. Altre bande musicali italiane rivendicano anzianità piĆ¹ consistenti, ma non ci sono per il momento documenti ufficiali che possano avvalorare le loro convinzioni.


Curiosità n° 5 - Corteo storico

Taggia festeggia agli inizi di ogni anno, in febbraio (a volte in marzo), S. Benedetto (Vescovo di Albenga nell'885), il quale avrebbe protetto la città dalle aggressioni in Liguria, con intenti espansionistici, dell'esercito piemontese agli ordini di Carlo Emanuele I di Savoia, nel 1625.
La storia ci dice che i Savoia "occuparono con relativa facilità parte della Riviera di Ponente".
E infatti, proprio per le condizioni stremate della popolazione locale, e vedremo tra poco perché, Taggia aprì le porte all'Esercito Piemontese "senza sparare un colpo di archibugio e senza opporre una benché minima difesa".

Gli stessi organizzatori dell'evento storico di Taggia indicano, nelle motivazioni festaiole, che le "sfumature di quella tradizione confinano spesso con la leggenda".
A dire il vero è tutta una leggenda, perché in quel secolo non c'era proprio nulla da festeggiare!

La prima guerra, quella del 1625, durò diversi anni e la Liguria Occidentale fu letteralmente invasa e occupata dalle truppe sabaude. Nel 1672 il Duca di Savoia scatenò la seconda guerra contro Genova, e fu più funesta della prima, specialmente nel Ponente Ligure.
Le conseguenze saranno disastrose: la carestia durò almeno fino al 1679, e la gente moriva di fame.

Il '600, cioè il 17° secolo, è tormentato da un susseguirsi di guerre pressoché continue, sia in Europa che in Italia.

Il '600 in Italia è in netta decadenza (dopo la scoperta dell'America l'Italia non è più centro dei traffici).
La Liguria occidentale è sempre stata soltanto terra da sfruttare, specialmente da parte di Genova.
Le popolazioni sono vessate e i paesi che si ribellano vengono rasi al suolo con motivazioni assurde e inventate (vedi la distruzione di Arma per opera di Baliano Doria nel 1270).
Sui mari le maggiori preoccupazioni derivano dagli Ottomani, pertanto i commerci sono estremamente ridotti e le popolazioni soffrono la fame.
La carestia è ovunque.

Nel 1630 e nel 1656 la peste (quella dei "Promessi Sposi") devasta anche le popolazioni liguri. Nelle principali città del Settentrione morirono la metà degli abitanti!
E inoltre quella piaga ebbe effetti devastanti sull'economia italiana del tempo.

A metà del '600 (1640-1660) vi è una recrudescenza dell'Inquisizione: le fonti testimoniano un aumento del numero di processi.
Dal 1560 al 1650 si scatena con ferocia la caccia alle streghe, che non ha precedenti così sanguinari. E il nostro Ponente Ligure non fu certo risparmiato da tante atrocità.
Al fanatismo dei rappresentanti della Chiesa Cattolica si univano anche le "delazioni" di molti abitanti, verso i loro stessi concittadini, colpevoli solamente, magari, di curarsi e di curare conoscenti e parenti con erbe officinali.

Il 15 maggio 1684 il Re di Francia Luigi XIV dichiara, senza preavviso, guerra alla Repubblica di Genova, dopo aver inviato circa 140 navi. Accorrono volontari (e non) da tutta la Liguria.

Ma la storia riserba sempre sorprese.

Infatti nella notte tra il 5 e il 6 maggio 1860, la spedizione dei Mille guidata da Giuseppe Garibaldi e diretta alla volta di Marsala, era composta prevalentemente da Liguri... i quali avrebbero consegnato l'Italia il 26 ottobre 1860, liberata finalmente dal giogo Borbonico, a Vittorio Emanuele II di Savoia, discendente proprio di quella Casata che combatterono poco più di 200 anni prima.

Dopo tutti questi avvenimenti infausti, umiliazioni, sofferenze, morti, ingiustizie, mi chiedo cosa avessero da festeggiare allora e cosa c'è da ricordare con tanta enfasi oggi.
Il popolo del '600, in questi luoghi, non era certo vestito come nella sfilata di Taggia, gli abitanti si coprivano con panni molto modesti, quasi degli stracci, la povertà e la miseria erano ovunque...

È un secolo da dimenticare, altro che festeggiare!


Curiosità n° 6 - Quanto è conosciuta Taggia ???

Sappiamo benissimo che Taggia ha una storia millenaria, come ha ribadito qualcuno indispettito, ma sappiamo anche che Arma è un po' più antica: i castellieri esistenti in questa località ne sono la riprova (le colline e il promontorio dei Castelletti... non suggeriscono nulla?). Ma forse molti non conoscono il significato di Castelliere.
Per non parlare del periodo romano, quando a Capo S. Siro (Capo Don) c'era una mansio romana, quando nei pressi della grotta dell'Arma c'era un castellum con annessa "Torre di Guardia" (Pernices).
Per non parlare dell'altra mansio e villa nella zona del torrente Armea; per non parlare della strada romana (via Julia Augusta) che attraversava il nostro territorio.
Quindi, se Taggia è millenaria, Arma è ultra-millenaria: la sua storia si perde nella notte dei tempi, e arriva fino all'Uomo di Neanderthal, i cui resti si trovano tuttora esposti nel Museo Borea d'Olmo a Sanremo.
Se neghiamo tutto questo vuol proprio dire che non conosciamo la storia, e qualcuno farebbe bene a cambiar mestiere...
Ma andiamo oltre...
Alcuni Sindaci, in molte città e Regioni, si riferiscono al nostro come... Sindaco di Arma di Taggia... non di Taggia...
Il che è tutto dire, la risposta è sintomatica...
Taggia offre soluzioni turistiche del tipo "mordi e fuggi": un centro storico che si visita in poco più di un'ora o due, questa è la realtà, e dobbiamo accettarla per quello che è, volenti o nolenti.
Arma offre un turismo più di "soggiorno", e questa è un'altra realtà: ci sono le spiagge, c'è il mare, la costa, la pista ciclabile...
Insieme, le due identità si potrebbero fondere alla perfezione, con vantaggi notevoli per entrambe, ma gli ostacoli mentali dell'altra parte sono, purtroppo, enormi!

Gli armesi vengono accusati di campanilismo, soltanto perché un Comitato aveva proposto di modificare il nome del Comune in Arma Taggia (molto più rispondente alla realtà odierna), ma solamente pochi taggesi si sono schierati a favore ammettendo che il Comitato aveva ragione. Se c'è da ricercare quindi un campanilismo ossessivo bisogna guardare dall'altra parte...
Tra l'altro, proprio un cittadino taggiasco fece notare al Comitato, come ci hanno riferito a tal proposito, che ci sono già parecchie cittadine (di solito due) che si sono unite conservando ognuna il proprio nome originale, e ci fece degli esempi: Paderno Dugnano, Cusano Milanino, ecc. (notizia già riportata sul Blog di quel Comitato).
Per fare un altro esempio, la provincia di Verbania (che è un nome inventato) è formata da Pallanza e Intra, i cui paesi hanno conservato il loro nome. Nel nostro caso, Taggia non avrebbe perso il suo nome, e neppure Arma. Il Comitato avrebbe dovuto però dividere il nome e non unirlo, cioè proporre Arma Taggia anziché Armataggia, che in effetti suona male e significa poco. Quindi la proposta non era affatto una novità. Tra l'altro, ci sono già state altre considerazioni a tal riguardo, nel passato, e venivano proprio da un illustre storico taggiasco... scontrarsi con la mentalità chiusa taggiasca equivale a dare testate nei muri!

Ma qualcuno potrebbe obiettare che vi sono cose ben più importanti a cui pensare.

Certamente, siamo d'accordo... infatti...

Ci sarebbe da discutere e protestare per la mega-discarica incombente sulla testa dei taggesi (a poche centinaia di metri dalla città) con fuoriuscita di emissioni maleodoranti e liquami che invadono le colture sottostanti (quelle dell'oliva taggiasca), a tal proposito si veda le immagini che trovate a questo indirizzo: discarica Collette Ozotto.

Ci sarebbe da protestare per l'acqua del rubinetto che sa sempre più di cloro (provate ad annusare al mattino un bicchiere d'acqua appena riempito) ed ha un "residuo fisso" altissimo.
Senza andare in costosi laboratori di analisi abbiamo provato a far bollire in una padella (vecchia, ma perfettamenmte pulita) due bicchieri d'acqua, fino a completa evaporazione.
Ecco le foto qui sotto, prima e dopo... Notate qualcosa di... strano?   E poi qualcuno si domanda perché molti bevono acqua minerale?


Ci sarebbe da protestare per aver svenduto una piana fertile ai supermercati (rapporto: abitanti x supermercati = il più alto della Liguria) (2).

Ci sarebbe, anzi, si doveva protestare quando tagliarono l'unica pianta di cedro del libano (3) esistente nel nostro Comune e dintorni per allargare la strada in prossimità del Cimitero.

Ci sarebbe da protestare per come sono tenuti i palazzi e il centro storico di Taggia.

Ci sarebbe da protestare per come sono tenuti alcuni muri degli edifici della città, il sottopasso, l'asfalto di alcune viuzze, imbrattati di scritte idiote ad "opera" di giovani appartenenti al sub-strato della società. Questi personaggi non sono "writers", appartengono al "sottobosco" dell'umanità più stupida, infatti trovano molto romantico, evidentemente, scrivere per terra, tra sporcizia e defecazioni canine: "Amore, ti amo!", e baggianate del genere, senza che nessuno degli "addetti ai lavori" si preoccupi di ripulire tutto.

Ci sarebbe da protestare per l'arredo urbano inesistente in Arma e Taggia.

Ci sarebbe da protestare per come è tenuto, da diversi anni senza soluzione, il centro di Arma intorno alla ex-stazione ferroviaria e a quella nuova, piena di erbacce.

Ci sarebbe da protestare per la moltitudine di piante tagliate e mai sostituite.

Ci sarebbe da protestare perché qualcuno aveva promesso, in campagna elettorale, di piantare un albero nuovo per ogni bimbo nato: cosa che non è mai stata fatta.

Ci sarebbe da protestare per come è ridotta la foce dell'Argentina. È facile fare gli ambientalisti, o meglio i "radical chic" e battersi contro le colate di cemento, la speculazione edilizia che deturpa il territorio; però quando si tratta di togliere i rifiuti da un'oasi faunistica dove sono costoro? Tutti spariti!
La foce dell'Argentina è diventata un ricovero di siringhe, cartacce, lattine, bottigliette e sporcizia di ogni genere, con l'avifauna sempre più esposta al rischio di estinzione di fronte ad un progressivo inquinamento dell'oasi. Tutto quello schifo non rovina forse l'ecosistema?
Ma gli ambientalisti, evidentemente, in questo caso hanno un solo credo: "Rifiuti? Immondezzaio? Ma chissenefrega!".

Ci sarebbe da protestare per come si consente che vengano tenute vergognosamente certe aiuole incassonate nei muri a fianco di alcuni esercizi commerciali: depositi di immondizia, cicche in particolare (si potrebbe fare qualche multa...).

Ci sarebbe da protestare per la mancanza di fiori e aiuole degne di questo nome in un Comune situato nella Riviera dei Fiori: guardate com'era, nell'agosto 1958, una aiuola in via C. Colombo all'incrocio con via Magellano.

Ci sarebbe da protestare contro lo spauracchio incombente della costruzione dell'Ospedale Unico, caldeggiata da qualche nostro amministratore, come fosse un "toccasana", la salvezza della nostra economia e del nostro turismo, nella speranza che qualche costruttore allieti la zona circostante con alberghi e altre amenità, ignorando che con quel "toccasana" non si fa turismo serio, perché i malati (e parenti al seguito) non verrebbero qui spontaneamente, ma obbligati a fronte delle loro patologie, non potendo scegliere liberamente il proprio soggiorno vacanziero, e quindi che vantaggio porterebbero? All'interno di tante altre strutture ospedaliere esistono dei bar, dei ristoranti, e anche degli alberghi, per ospitare parenti e conoscenti: quindi, che vantaggio ci sarebbe? Nessuno, perché soltanto poche persone si spingerebbero ad Arma e Taggia, preferendo rimanere vicini ai loro parenti malati. Per quanto riguarda i posti di lavoro, di nuovi ce ne sarebbero ben pochi, come ha sottolineato in una intervista andata in onda tempo fa su una TV locale un medico genovese, perché la maggior parte (più del 97%) verrebbe ricoperta dal personale già esistente negli altri ospedali che verrebbero dismessi. Quindi... cui prodest?

Dalla fine dell'ultima guerra, e ancora oggi, si è provveduto a depauperare sistematicamente la nostra piana agricola, fertile e produttiva, ricca d'acqua e di coltivazioni pregiate, seconda solamente a quella di Albenga.
Amministratori e privati si sono dati da fare per far posto a capannoni industriali, a rotonde e svincoli, a megastrutture commerciali, ad una stazione ferroviaria "colossale" (che serve a ben poche persone, considerato che si fermano soltanto treni locali; si poteva realizzare con minor spreco di terreno e denaro), a costruzione di opere discutibili e pericolose (come il tratto di pista ciclabile compreso tra il ponte dell'ex-ferrovia e il ponte stradale ad est di via Levà).
Il Decreto Ministeriale 30 novembre 1999, n. 557 e il Regolamento recante le norme per la definizione delle caratteristiche tecniche delle piste ciclabili è stato rispettato?
I cordoli adottati, secondo la normativa vigente del Codice della Strada, sono pericolosi.
Una nota esemplificativa del Ministero dei Lavori Pubblici precisa che la separazione tra pista ciclabile e corsia per mezzi motorizzati non può essere costituita da parapetti tubolari (compresi quelli squadrati con spigoli vivi), ricadenti tra i dissuasori di sosta di cui all'art. 180 del Regolamento, in quanto per la loro conformazione potrebbero costituire pericolo per i conducenti in caso di caduta. Non sono consentiti neppure i delimitatori di corsia realizzati con gli elementi prefabbricati di cui all'art. 178 cc. 2, 3 e 4 del Regolamento, soggetti ad approvazione ministeriale ai sensi del successivo c. 5.
Si potevano utilizzare dei dissuasori rumorosi o dei cordoli flessibili in gomma come hanno adottato intelligentemente a Milano.

Cordoli in via V. Pisani a Milano

[ Cordoli in via V. Pisani a Milano ]


Tutte le amministrazioni che si sono alternate da allora e fino ai giorni nostri hanno contribuito alla devastazione del territorio. Non c'è stata alcuna perplessità, anzi...
Alcune specie vegetali non esistono più; il carattere predatorio e aggressivo del cosiddetto "sviluppo economico" a danno della natura si è accentuato anziché attenuarsi.
Claudio Magris (scrittore e germanista) scrive in un suo saggio: "Il progresso, lungi dall'essere una marcia inarrestabile e illimitata verso un mondo sempre più felice, crea - con le sue stesse conquiste - nuovi problemi e infligge nuove ferite. Se il tronfio e ottuso ottimismo circa il fatale e infinito accrescimento del benessere dell'umanità è caduto da un pezzo, oggi è il progresso in sé che appare a rischio o insostenibile. In vari campi (dallo sfruttamento alla fine suicida delle risorse del pianeta alla scienza che sembra mutare la stessa natura umana, dalla dimensione globale non più controllabile assunta da ogni fenomeno politico e umano al meccanismo coatto di un sistema produttivo che deve produrre sempre di più) l'evoluzione e lo sviluppo dell'umanità non si identificano più col progresso, ma talora assumono l'aspetto di un'inarrestabile e autodistruttiva degenerazione."

Ci sarebbe, anzi, si doveva protestare quando hanno costruito al di là del fiume in zona San Martino a Taggia quelle schiere di villette a rischio inondazione (4), ma tant'è, quelle persone che non hanno protestato, quando era il tempo di farlo, dov'erano?

Ma oggi quei tizi si rifugiano dietro le solite "frasi fatte" (tipo... ci sono cose più importanti a cui pensare), tipiche di chi non ha argomentazioni; infatti, se interpellati, fanno "scena muta", perché privi di idee e proposte concrete!


Curiosità n° 7 - Rara veduta della "Torre Pernices"

Vista dal mare dell'estrema propaggine del promontorio dei Castelletti.
A sinistra, in primo piano sul mare, si notano i resti dell'antica Torre di Guardia romana (Torre Pernices) che controllava la via consolare Julia Augusta.
Sopra alla volta della grotta passava la via Julia. È ancora evidente l'intaglio della collina in cui il prof. Nino Lamboglia, illustre archeologo (fondatore dell'Istituto Internazionale di Studi Liguri) aveva individuato i segni delle picconate lasciati sulla roccia per realizzare questa opera.
Da quel punto la via Julia scendeva proprio di fronte alla Torre Pernices e poi raggiungeva il mare a ponente della Torre.

Torre Pernices

Curiosità n° 8 - Falsi... fotografici

Notate qualcosa di strano nelle due immagini qui sotto?
La prima rappresenta la realtà. Nella seconda è sparito il promontorio e il mare sottostante "pullula" di bagnanti alti più di 5 metri, se provate a confrontarli con l'altezza delle persone che si intravvedono sulla spiaggia della prima cartolina in primo piano al centro verso il basso.


       Prima della cura        Dopo la cura

Curiosità n° 9 - Per fortuna non c'è più!

Nell'estate del 2012 abbiamo trovato una sorpresa (è un eufemismo) sul Lungomare: una specie di animale di (s)pregevole fattura...
Non diciamo chi è l'autore, perché non merita di essere menzionato, non ne vale la pena... l'importante è non vederla mai più, perché noi pensiamo che quella non sia arte!

Ci viene in mente quell'artista (anche questo è un eufemismo) che molti decenni fa sigillò i propri escrementi Link esterno corporei in una scatoletta di latta, affermando che quella era... arte!
Ma il bello è che qualche critico apprezzò la "cosa", e qualche Museo importante ospita attualmente quelle scatolette... L'assurdo è trovare un significato profondo: sì, di cacca!
È il caso di dire che stiamo raschiando il barile della stupidità umana...
Critici preparati e seri, si sa, ce ne sono ben pochi, e tutti gli altri si lasciano prendere da facili entusiasmi e immediati sensazionalismi, senza alcun senso critico, senza approfondire con criteri scientifici e razionali, ma lasciandosi dominare da un falso orgoglio e una testardaggine che nega anche l'evidenza, come quando vennero ritrovati i tre busti falsi di Modigliani Link esterno. Se poi consideriamo che nessun critico, di solito, sa tenere in mano un pennello o uno scalpello, il quadro si completa.
Chissà cosa avrebbero detto gli artisti del Rinascimento se avessero visto quella "bestia" e quella scatola! Di artisti, poeti, scultori, scrittori, pittori, dilettanti della "domenica", ne abbiamo le tasche piene! Per carità! Nulla vieta ad alcuni personaggi del sottobosco umano di divertirsi liberamente in privato tra le mura domestiche, come meglio credono, sprecando tempo e denaro a proprio piacimento, ma non si azzardino poi a mostrare e proporre al pubblico i loro orrori come se fossero opere d'arte! Siamo seri! L'arte è un'altra cosa!
Di questo passo, non avendo più senso critico, e purtroppo è così, per assurdo potremmo dire che anche i liquami (multicolori) che fuoriescono dalla discarica, tra ulivi "lussureggianti", sono opere d'arte...
A quando una bella bottiglietta trasparente con "pipì d'autore"?

Curiosità n° 10 - La galleria dei Castelletti di Arma

Forse non tutti gli armesi sanno dove passava la via Aurelia prima della costruzione della galleria dei Castelletti.
Eccola qui sotto evidenziata in giallo sulla mappa. L'attuale galleria è punteggiata in rosso.

Osservando la cartina, partendo a destra in alto e in direzione Sanremo (verso sinistra), la via Aurelia, all'incrocio con via San Francesco (che porta verso Taggia e la Valle Argentina e dove attualmente c'è una rotonda) scendeva poco dopo a sinistra per l'attuale via C. Colombo e dopo un breve tratto si immetteva in Via Della Cornice.
Attraversava l'ex passaggio a livello della vecchia stazione ferroviaria e proseguiva per via Queirolo.
Alla fine di via Queirolo svoltava a destra e subito dopo a sinistra per via San Giuseppe. Una targa del Regio Automobile Club d'Italia, posta tuttora all'inizio di via San Giuseppe, indicava le distanze da Arma a Sanremo e a Ventimiglia.
Dopodiché proseguiva per la via al Mare di Bussana.
Prima del ristorante "Ai Torchi" svoltava leggermente a destra verso nord-ovest attraversando un altro passaggio a livello (ora demolito) e si immetteva nell'attuale via Aurelia all'altezza dell'ex casello ferroviario, visibile ancora oggi, lungo la pista ciclabile.
La costruzione della galleria era iniziata nel 1939 e terminata a tempo di record dal Regio Esercito nella primavera del 1940. I militari lavorarono giorno e notte, perché Mussolini voleva una strada più rettilinea e più larga possibile, per spostare velocemente le truppe e i mezzi in previsione di un attacco alla Francia lungo la fascia costiera, senza essere rallentati dalle strette strade, meno agevoli, del centro di Arma, evitando ragionevolmente due passaggi a livello (5).
Infatti, il 10 giugno 1940 l'Italia dichiarò guerra alla Francia e alla Gran Bretagna, al fianco della Germania.
L'avanzata del Regio Esercito fu contrastata dai francesi limitando la penetrazione italiana, che alla fine della battaglia si ridusse ad una manciata di chilometri, arrivando soltanto a Mentone.
La guerra con la Francia terminò dopo limitati guadagni territoriali ed un sostanziale fallimento strategico italiano, il 25 giugno 1940, dopo soli 15 giorni, con l'armistizio firmato dalla Francia con le potenze dell'Asse.


Curiosità n° 11 - Il paese dell'oliva taggiasca?

Da tempo, nel nostro Comune, ci sono valide persone che si battono per promuovere (giustamente) l'olivo taggiasco (da cui deriva l'oliva taggiasca), importato dai Benedettini nella nostra valle (vedi: I Benedettini e la Madonna di Canneto) in sostituzione dell'olivo di Finale.
Sui quotidiani, sulle riviste, in TV, quando si descrive una ricetta gastronomica, si elencano le virtù e le proprietà organolettiche dell'olio extra vergine, del quale, dalle nostre parti, ne andiamo fieri, soprattutto quando viene citato l'olio extravergine taggiasco.
Eppure, qualcuno, proprio nel nostro Comune, utilizza in quantità elevate l'olio di sansa (e lo mette anche baldanzosamente in mostra di fronte al proprio negozio in via C. Colombo), a dispetto di tutte le raccomandazioni gastronomiche, basandosi sul fatto che, probabilmente, essendo un olio "inferiore", quello di sansa, costa di meno. Oppure, viene utilizzato per "ignoranza".
Basterebbe aumentare di 10 centesimi il pane o la focaccia, per gustare un prodotto di qualità. Chi non sarebbe disposto a spendere pochi centesimi in più per gustarsi una "sardenaira" stuzzicante e appetitosa, salutare, come facevano le nostre nonne?
Per dire le cose come stanno, l'olio di sansa è la cosa più disgustosa e stomachevole che un tizio può immaginarsi di trovare nella pizza, nella sardenaira o nel pane all'olio, o anche soltanto per ungere le teglie. In moltissimi paesi è vietato per usi alimentari umani.
Benedetto Orlandi, responsabile Olio d'Oliva della Coldiretti dice a tal proposito:
«Per affrontare la situazione, il Ministero della Salute italiano ha fatto scattare una serie di controlli sulle partite di olio di sansa di cui si è avuta segnalazione. Se ne occuperanno gli assessorati alla Sanità delle diverse Regioni. Gli idrocarburi policiclici aromatici possono essere pesanti o leggeri. In questo caso nell'olio di sansa è stato trovato il benzo(a)pirene, sostanza considerata pesante e per questo più nociva di quella leggera. Nel breve periodo queste sostanze non costituiscono, da un punto di vista tossicologico, un rischio immediato per il consumatore, ma nel lungo periodo possono risultare dannose.»
Ma si sa, il Paese è un po' strano, anche dal lato culinario. Come possiamo credere il contrario se in tanti esercizi pubblici "spacciano" per "sardenaira" una focaccia con solo sugo di pomodoro, tralasciando l'aglio, i capperi, le olive taggiasche, l'origano e le sarde? Interpellati, i rivenditori si giustificano dicendo che a tanti clienti non piacciono le sarde o i capperi o l'aglio... È un po' come se in un ristorante tipico lombardo qualche cliente chiedesse la "casoeûla", senza la cotenna e il codino di maiale, perché troppo grassi, senza la verza perché non la digerisce, senza cipolla perché gli rimane sullo stomaco e senza il pepe, perché troppo forte.
Se io fossi il ristoratore, manderei il cliente subito a... quel paese, e nella migliore delle ipotesi gli porterei un brodino fatto con dado, perché non si meriterebbe altro. Comunque, anche con il "pesto alla genovese" non si scherza, dalle nostre parti, infatti te lo propongono senza aglio!!!
Se non piace la vera "sardenaira" non prendiamola. Se non piace la "casoeûla", ordiniamo qualcos'altro; le ricette regionali devono essere preparate secondo la ricetta tipica, senza tralasciare o sostituire alcun ingrediente, e senza appropriarsi del nome, spacciando per tipico qualcosa che non lo è!


Curiosità n° 12 - Seborga o Taggia?

Qualche tempo fa vi fu una "querelle" fra Taggia e Seborga sull'origine dell'oliva taggiasca.
Può darsi che siano stati i monaci delle isole Lerins a portare a Seborga l'ulivo, come afferma Flavio Gorni, vicesindaco di Seborga, il quale fa riferimento a documenti che risalgono al 1256, ma a quel tempo a Taggia gli ulivi, di qualità taggiasca, c'erano già da circa 500 anni (sì, avete letto bene: cinquecento anni!).
Infatti i Benedettini che si insediarono nella Valle Argentina e che edificarono il primo convento a Taggia, provenivano dall'Abbazia di Pedona, fondata dai monaci di Montecassino al principio del VII secolo, e detta di San Dalmazzo in onore di quel martire.
Non a caso il primo convento dei Benedettini di Taggia sorgeva sul Colletto, all'inizio di quella via che fu chiamata via San Dalmazzo, a ponente della chiesa Madonna di Canneto.
La regina dei Longobardi, Teodolinda di Baviera (molto devota del Papa benedettino San Gregorio Magno) aveva facilitato la conversione dei suoi sudditi Ariani al Cattolicesimo.
In seguito, donando ai Benedettini il possesso di tutte le terre comprese tra la valle Stura, la val Vermenagna e le Alpi Marittime, aveva chiesto al Pontefice la fondazione di un'Abbazia benedettina a Pedona (VII Secolo).
Quindi, spostandosi all'interno delle loro terre, dal passo di Colle Ardente, i monaci raggiunsero la Valle Argentina. Essi si stabilirono nel nostro territorio tra la fine del VII e gli inizi dell'VIII secolo.
In quel tempo furono proprio i Benedettini a edificare i terrazzamenti delle colline, a diffondere la coltivazione dell'ulivo, a portare nella nostra regione le "marze di Cassino" per creare gli innesti da cui nacque la qualità taggiasca, dalle fronde spioventi e dalle olive dal sapore gentile.
Questa varietà, detta taggiasca dal suo luogo d'origine, vanta 1300 anni di storia!
Le incursioni saracene del IX secolo che spopolarono le coste, colpirono anche il convento di Taggia.
Nell'891, i Saraceni profanarono il convento, lo demolirono, uccisero tutti i monaci e incendiarono la preziosa biblioteca.
I monaci, in quel tempo, possedevano a Taggia un convento, una chiesa e una casa degli abati, di cui ancora oggi sono visibili i monumenti o le vestigia (i documenti non sono solo cartacei!).
Sul finire del X secolo altri monaci benedettini, provenienti dal convento di Santo Stefano di Genova, ripresero l'opera di civilizzazione forzatamente interrotta dalle incursioni. Si insediarono nel territorio, continuarono a coltivare e a diffondere in tutta la provincia e anche oltre, verso Genova e verso Nizza, questa varietà, che, nel corso degli anni, grazie al clima mite, si era adattata così bene da assumere caratteristiche proprie, di tale pregio, da produrre olive e quindi olio, di qualità eccellente.
Oggi l'olio extra vergine ottenuto dall'oliva taggiasca è riconosciuto come il migliore al mondo.
Fare precisazioni storiche non significa alimentare polemiche, né campanilismi, ma approfondire le conoscenze per comprendere meglio la realtà.
Ciascuno dovrebbe avere passione per conoscere bene almeno la storia del proprio paese, specialmente se si hanno incarichi pubblici...
I documenti esistono ed è facile consultarli (vedi D. Fornara, N. Calvini, G.B. Tirocco, Atti della Società Ligure di Storia Patria, ecc.)


Note:

  1. Da non confondersi con le bande da concerto o bande sinfoniche che si esibiscono su un palco e non sfilano.
  2. Fonte ISTAT.
  3. Nel 1780, l'ingegnere inviato da Genova (Cap. Gustavo), per progettare l'allargamento della strada da Arma a Taggia, si vantava nelle sue note di essere riuscito a salvare quasi tutte le piante di olivo e si rammaricava di averne dovute abbattere cinque perchè non era possibile girarci intorno, ma l'ampiezza stradale, da sette metri venne ridotta a sei...
    [ Questo scriveva nel 1928 lo storico taggese D. Fornara, nel suo "I Benedettini" (Chieri, Tipografia Ghirardi) ].
  4. Fonte "Il Secolo XIX", Genova.
  5. Fonte Antonio Baudino, Arma.


Torna in cima HTML5 Valid CSS!
Torna in cima

Web Counter