Secondo gli storici locali, Mario de Apollonia e Bartolomeo Durante, il toponimo "Arma" resta forse il segnale più importante dell'antico monachesimo (lerinese o lerinense) prebenedettino.
"Habitatores Alme ad aquam Almedani" cioè "Gli abitanti di Arma al di qua del torrente Armea" del 960 (Liber Jurium, I, p. 1282) in Terzorio, Edit. Gribaudo, 1989.
Le grotte, chiamate barme o balme, ospitavano eremiti e anacoreti che vivevano esperienze religiose ascetiche.
È probabile che anche la Grotta dell'Arma, come molte nella Provenza, in epoca remota abbia accolto qualche eremita.
Molti secoli dopo, il nome "eremitorio" assegnato alla sacrestia della chiesa-grotta della Madonna dell'Arma lo lascerebbe supporre, sebbene nello specifico fosse riferito ad un eremita che, prima della
costruzione dell'eremitorio, viveva nella più piccola delle grotte adiacenti alla chiesa.
La chiesa di Santa Maria dell'Arma è una delle più antiche della Liguria occidentale. È situata dentro una grotta naturale preistorica (barma) toponimo ligure che ha dato il nome Arma anche a tutta la zona circostante.
La chiesa fu luogo di culto per gli abitanti della costa che, sopravvissuti alle invasioni barbariche e alle devastazioni saracene, ancora tenacemente occupavano le zone circostanti la fortezza romana e le case prossime alla via Julia Augusta.
Forse verso il Mille la chiesa-grotta fu dedicata alla Madonna.
La chiesa, con il terreno del promontorio dei Castelletti, le spiagge adiacenti e i relativi abitanti, appartenevano alla diocesi di Albenga, infatti un documento della diocesi di Albenga, del 1153, cita la chiesa dell'Arma tra quelle tenute a pagare le decime.
Nel 1250 il conte Oberto di Ventimiglia concesse le libertà comunali (l'elezione dei consoli e di un sindaco) alla piccola comunità di Arma, riunita in parlamento nella chiesa.
Nel 1260, in seguito alla cessione dei diritti feudali da parte dei conti di Ventimiglia al Comune di Genova, il popolo si radunò nella stessa chiesa di Santa Maria per giurare fedeltà alla nuova autorità.
Il primo momento decisivo per la storia del piccolo centro abitato fu l'anno 1272, quando il ghibellino Baliano Doria, nominato vicario della riviera occidentale, assalì il castello romano, ancora fortificato, esistente presso la chiesa-grotta. Là
infatti si erano rifugiati molti guelfi amici di Ventimiglia, colpevoli anche di aver depredato due galee ghibelline, naufragate in quel tratto di mare. Baliano Doria, nella sua furia devastatrice, come sempre avveniva in quelle lotte fratricide, non si
limitò ad espugnare il castello: coinvolse nella vendetta anche i pochi abitanti della zona, i quali, costretti alla fuga andarono ad abitare nel più sicuro (e un po' fuori mano) paese alto di Bussana, sorto in località più difesa, presso il castello dei conti di Ventimiglia.
La chiesa- grotta fu l'unica superstite grazie alla sua robustezza naturale e non fu abbandonata dagli abitanti che erano andati ad ingrossare il borgo di Bussana, ma fu unita alla parrocchia bussanese.
Tutto il vasto terrritorio circostante, che prima pparteneva ai signori feudali ed era passato al Comune di Genova nel 1260, fu considerato proprietà del comune di Bussana e della sua parrocchia, senza precise distinzioni e confini; fu perciò
causa di frequenti discussioni e litigi tra le due autorità. Ma presto anche il prevosto di Taggia reclamò per sé parte delle decime che forse prima riscuoteva da abitanti ora trasferiti a Bussana. La questione si trascinò per molti anni
e culminò con l'intervento del papa che nominò quale delegato apostolico il vescovo di Albenga Antonio de Sismondi.
Questi il 27 dicembre 1427 sentenziò che la chiesa di Santa Maria dell'Alma era annessa e unita alla chiesa di Bussana e condannò la chiesa di Taggia al silenzio e alle spese del processo" (Nilo Calvini, Storia di Bussana, p. 323, 324).
La questione però si trascinò per secoli, nel 1590 si rese necessaria una nuova sentenza del vescovo di Albenga che confermava l'appartenenza della chiesa dell'Alma a Bussana. Nel 1595 ancora una volta un decreto del vescovo doveva intervenire per risolvere nuove controversie sui confini con Taggia.
Sempre dalla Storia di Bussana, di Nilo Calvini, si deduce che nel 1427, quando Santa Maria dell'Alma fu annessa alla chiesa di Bussana vecchia, non aveva ancora il titolo dell'Annunziata, dedica che si trova invece nei documenti posteriori.
Nella seconda metà del XVI sec., forse in seguito al Concilio di Trento e alla Contro Riforma, incominciò ad essere molto frequentata e divenne meta dei devoti provenienti anche dai paesi vicini.
La nomina di due o tre massari eletti dal parroco e dalla popolazione consente di avere da quel periodo in poi notizie e documenti precisi sull'amministrazione.
L'inventario del 1593 da cui si ricavano i beni dell'oratorio indica anche i confini e i terreni della Chiesa chiamata Santa Maria dell'Alma: "In confini il Mare e la via pubblica (via romana) di sopra la torre o sia fortilizio di nuovo fabbricato... et possiede
detta Chiesa di Santa Maria dell'Alma alquante fascie di terre seminative che di presente le possiede Batta Castagna e Camillo della torre massari, e non pagano nulla, e questo a beneplacito del rev. Preposto di Bussana" (Nilo Calvini, in op. cit.).
Nel 1640 il frate laico Stefano Savignone, di Sampierdarena, divenne custode della chiesa con il titolo di "eremita".
Poiché era in continua crescita la frequentazione di quel luogo sacro così suggestivo, l'afflusso dei fedeli, di numerosi pellegrini e di viandanti, aveva resa necessaria la presenza di un custode.
Costui, che da tempo abitava in una piccola grotta lì vicina, ebbe l'incarico di aprire e chiudere la chiesa. Per richiamare alle funzioni si portava sulla punta estrema del promontorio, da lì suonava a mano una campana in modo che sentissero tutti coloro che abitavano a levante e a ponente della grotta.
Due anni dopo il frate "promise un contributo di scudi 50 per la costruzione di due stanze ove meglio dimorare. La proposta fu discussa e approvata dal parlamento il 18 ottobre 1642: il comune nominò Francesco Torre e Pietro Solero alla direzione dei lavori che in breve terminarono.
La piccola costruzione sorse appunto sul terreno che il comune vantava come suo (sebbene il prevosto lo considerasse della chiesa) in zona soprastante la chiesetta-grotta.
I lavori terminarono nel 1655 senza contrasti; ma questi scoppiarono presto in seguito alla richiesta del Savignone che desiderava acquistare un piccolo tratto di terra lungo la strada romana, presso il mare, sotto il pozzetto di acqua sorgiva. Le autorità comunali, nella
seduta del 28 febbraio 1645, ne deliberarono la vendita fissandone la superficie(trenta palmi per lato), il prezzo (L. 30) e i confini:sopra la strada pubblica, sotto la spiaggia, dai due lati la terra comunale. Ma il parroco aveva fatto opposizione alla vendita; si rese necessario l'intervento del Magistrato di
terraferma di Genova(16 marzo 1645) affinché il notaio Domenico Frexione potesse rogare l'atto. Il felice risultato della pratica poco giovò al Savignone che nel giro di pochi mesi morì, lasciando qualche debito; un suo piccolo orto passò per testamento in proprietà alla chiesa dell'Annunziata".
Nella nota (18) Nilo Calvini descrive la casa dell'eremita: "La casetta, tuttora esistente, ha quattro stanze: due al piano terreno, due al piano superiore. Solitamente l'eremita ne occupava solo due: le altre due erano date in affitto come magazzini. L'eremita successore del Savignone, frate Lazzaro Regesta, nel
1660 ricevette in locazione dal prevosto le due stanze sotto, mentre le due sopra erano affittate ad Antonio Condamino. Il prevosto Palmaro si servì di questi atti per rivendicare alla prevostura la proprietà della zona. Da questi atti, redatti dal notaio Andrea Onda (17 luglio 1661) e dal notaio
Domenico Frexione(7 giugno 1661) appare senza dubbi che la strada romana passava sopra la grotta e sotto l'eremitorio" (Nilo Calvini, in op. cit.).
Nel 1826 venne costruito sull'eremitorio un piccolo campanile, molto tipico perché di forma triangolare, assai inconsueta.
Una campana esisteva già, era stata comprata a Taggia, nel 1790 ed era stata pagata L. 102. Dopo l'edificazione del campanile, la campana trovò adeguata collocazione.
Rispettando una tradizione antichissima, nel giorno del Venerdì Santo, la Confraternita di S. Giovanni Battista, fin dal mattino in processione con il popolo da Bussana Vecchia raggiungeva la chiesa-grotta.
Anche nei giorni di San Giuseppe, dell'Annunziata e della Domenica in Albis si svolgeva una processione simile.
I massari, i priori, le autorità religiose e civili, in quelle occasioni, festeggiavano partecipando ad un pranzo allestito nell'eremitorio detto anche "casa della Madonna". I festeggiamenti si concludevano con lo sparo dei mortaretti.
L'antica strada romana aggirava il promontorio, passava sopra la volta della chiesa-grotta, procedendo in parte incassata nel taglio praticato dai romani.
Oggi, in seguito all'erosione marina e alle frane che si sono verificate nei secoli, gran parte delle volte rocciose prominenti sul mare verso mezzogiorno, sono crollate e rimane visibile, solo in parte, lo scavo praticato nella puddinga pliocenica per consentire il passaggio della via consolare.
Nel XVI sec., dopo la costruzione della fortezza, il tratto a levante della via romana fu deviato in alto verso la fortezza, per discendere poi a ovest del l'eremitorio, ma nel 1637, per avere un accesso più agevole al santuario, la strada romana, con una serie di archi
pensili, venne portata al piano della porta d'ingresso della Madonna dell'Alma, in tal modosi poterono aprire le due finestre e l'attuale porta principale d'ingresso.
Nel 1693, a conclusione di lunghi anni di lavoro in "sequela" fu realizzato un muraglione che dagli scogli sottostanti raggiungeva l'altezza della grotta, quindi con volte a botte venne collegato al promontorio, superando lo strapiombo. Su quella struttura, adeguatamente riempita e
spianata, poggiava il piano che consentiva di creare una piazza davanti alla chiesa-grotta.
In tal modo si poterono aprire le due finestre e l'attuale porta principale d'ingresso.
Fino a quell'epoca si accedeva al santuario soltanto dal lato di ponente, per mezzo di una scaletta che proveniva dalla soprastante strada romana.
L'entrata alla grotta era consentita esclusivamente dalla porta laterale (ancora esistente), ma che in quel tempo era a strapiombo sulle rocce battute dalle onde.
Così era stato realizzato un comodo raccordo tra la strada romana e l'ingresso della chiesa. Anche la scaletta che collegava a ovest l'ingresso della chiesa con l'eremitorio era stata rifatta.
Nei primi anni del XIX secolo i tecnici napoleonici iniziarono i lavori di scavo del promontorio dei Castelletti e deviarono a nord della fortezza la strada pubblica.
"La cosidetta casa della Madonna" nel 1845 era abitata da Francesco Tolomei che pagava L. 40 annue di affitto. Altri locali trasformati in magazzini rendevano L. 24 annue, pagate da Giovanni Braschi, Gio Batta Boccone e Giuseppe Ferro; pochi
anni dopo (1867-70) troviamo tra gli affittuari un Battista Balestrino di Andrea.
L'eremitorio invece continuava ad ospitare chi si assumeva la custodia della chiesa; nel 1798 era stato eletto Sebastiano Ginatta q. Vincenzo: si impegnava alla pulizia, promettendo precisione e puntualità nel servizio dei giorni
festivi, specialmente in quelli di San Giuseppe, della SS. Annunziata, di San Giacomo e di S. Anna.
L'ultimo eremita (che in verità, essendo un bussanese, fu considerato un sacrestano) fu Giò Battista Torre che sostituì nel 1878 l'eremita Giò Battista Verrando". Intanto qualcosa incominciava ad essere venduto, sia pur fra proteste e contrasti: da un fascicolo di
lettere dirette dalla Fabbriceria della chiesa al vescovo di Ventimiglia negli anni 1846-1847, conservate in copia nell'archivio parrocchiale di Bussana, si comprende che era in vendita una fascia di terra definita - della Madonna dell'Alma - a Giuseppe Ferro fu Vincenzo.
Con le leggi governative di incameramento dei beni ecclesiastici si procedette intanto ad espropi e vendite: in possesso della chiesetta restava soltanto l'eremitorio, ad esso i massari rivolsero il loro interessamento. Nel 1883 venivano eseguite molte riparazioni: fu
tagliato lo scoglio dalla parte posteriore per evitare umidità; fu rifatto in parte il terrazzo, le grondaie, l'intonaco verso lo scoglio, fu riparato il campanile e rifatta la sua porta.
Anche il terreno circostante veniva confiscato dal demanio il quale a sua volta, nel 1878, vendeva a don Antonio Maria della Torre la fortezza per il prezzo di L. 1250 (1) e nel 1882 un tratto di terreno verso levante (2) (Nilo Calvini, op. cit.).
Intorno agli anni 1920-1938 l'eremitorio fu affittato dalla famiglia dell'ing. Gotelli, che risiedeva a Genova, ma era originaria di Bussana e pur essendo proprietaria di una bella casa sul mare, in Arma vecchia, durante i mesi estivi preferiva trasferirsi con i figli
in quello che allora era un angolo solitario e veramente incantevole. I figli (in seguito divenuti uno medico e pittore, l'altro ingegnere) fin da bambini vivevano il mare: attraccavano la loro barca a vela nell'insenatura sottostante soltanto all'ora di cena!
Note:
Bibliografia:
Francesco Buffaria - Giovanni Donetti - Vincenzo Donetti, Breve Relazione Storica, Nostra Signora Annunziata dell'Arma, Sanremo, 1935.
Testi: Prof. Laura Garberoglio, Storica e Scrittrice, Arma.