Introduzione
Arma, per la sua felice posizione, offrì in ogni tempo vantaggi non pochi a coloro che,
allettati dalle sue ricche ed abbondanti attrattive, si recano ad abitarla.
Infatti il territorio di Arma giace fra le due valli di Taggia e Ceriana: ricche entrambi di prodotti
agricoli d'ogni genere che, essendo spesso superiori ai bisogni di quelle popolazioni, han d'uopo
d'uno sbocco sul mare per essere ricambiati con altri prodotti esotici, ma utili e necessari.
Nello stesso tempo però gli abitanti di Arma erano
esposti a molti pericoli, sia dalla via di terra che da quella di mare, e per le tanti invasioni
di eserciti devastatori, e più specialmente per l'approdo a questa spiaggia incantevole di pirati
feroci, i quali seminavano sul loro passaggio saccheggi e depredazioni.
Ma ormai sono completamente mutati i tempi e i pericoli di una volta sono
affatto scomparsi; persistendo, anzi aumentandosi ogni dì più i vantaggi.
Il progresso di Arma in questi ultimi tempi e specialmente dopo la
costruzione della stazione ferroviaria, la fabbrica di laterizi Rossat e Arnaldi, la
coltivazione dei fiori nell'inverno, la passione ognor crescente nei forestieri
di svernare in Liguria, si dimostrò veramente straordinario; e ormai si può con
fondamento asseverare non esser lontano il tempo della sua trasformazione in una deliziosa cittadina,
non inferiore a nessun'altra della Riviera di Ponente.
Il moderno paese di Arma è risorto dal 1793; cioè dopo che fu terminata la
strada carrettiera da Taggia al mare.
Questa strada attirò nel territorio di Arma tutto il commercio marittimo di Valle Argentina; commercio che prima d'allora
era esclusivamente rivolto sulla spiaggia di Riva ligure, alquanto distante dalla foce
orientale del torrente Argentina; e ciò con grave dispendio per il trasporto della merce
che non poteva eseguirsi se non col dorso dei muli, non esistendo affatto strade carrettabili.
La strada da Arma a Taggia fu una delle prime carrettabili della Provincia e fu una vera risorsa non
solo per Arma, ma anche per Taggia e per tutti gli altri paesi della vallata.
Se le ormai abbandonate comunicazioni col Piemonte fossero riattivate secondo le moderne esigenze del
commercio, se un piccolo scalo fosse attuato nella sua buona
spiaggia, Arma potrebbe con tutta facilità diventare un importante luogo di traffico e di soggiorno.
L'avvenire di Arma però sta specialmente nella mirabile sua posizione che si adatta a diventare
una bellissima stazione climatica, tanto nell'inverno per la mitezza dell'aere e purezza di cielo,
quanto nella estate per la bellezza della spiaggia e la situazione ventilata.
Non sarà quindi senza un certo interesse anche per i lettori lontani la pubblicazione di questi appunti sulla storia di Arma,
che verremo man mano esponendo, corredandoli all'uopo di opportune citazioni degli autori e dei documenti da cui vennero attinte.
Crediamo opportuno far notare fin d'ora che essendo la storia di Arma strettamente legata a quella del vicino paese di Bussana,
nonché in parte anche a quella di Taggia, la nostra pubblicazione si renderà vieppiù importante per
quanto a prima vista possa sembrare semplice ed indifferente.
Pochissime ed assai sparse sono le notizie riguardanti Arma, che si possono rinvenire nelle varie opere,
per lo più di storia, sin'ora pubblicate.
Alcuni importanti documenti riferentisi ad Arma ed a Bussana furono pubblicati verso la metà del secolo
scorso nei volumi dell'opera « Monumenta Historiae patriae » edita a cura della Deputazione subalpina di
Storia patria.
Ma tale opera importantissima trovasi appena nelle principali biblioteche pubbliche e riesce poi difficile
agli studiosi il rinvenire tutti questi documenti perché di
alcuni di essi non si trova indicazione di sorta in merito alla relazione diretta che hanno coi luoghi di
Arma e di Bussana, per il che sfuggirono sin'ora agli occhi degli studiosi.
Molti documenti esistono negli Archivi Comunali di Bussana e di Taggia ma è ben difficile prenderne
visione, tanta è la gelosia con cui vengono custoditi; e quasi si direbbe che si abbia timore
di scemarne l'importanza col farne conoscere il contenuto, mentre generalmente si sa quanto sieno utili
e vantaggiose tutte le pubblicazioni riferentisi a documenti storici poco conosciuti.
Tale difficoltà ci rese assai difficile la ricerca
delle notizie di cui siamo in possesso: ond'è che ci chiameremmo altamente tenuti verso chi,
possedendo documenti al riguardo nostro, avesse la bontà di farceli conoscere.
Per norma quindi di chi vorrà tenerci dietro
nell'opera che intraprendiamo, diamo un sommario elenco dei punti più salienti che andremo man mano esponendo.
[ Il tabiese "doc" Reghezza, certamente non incline a forme di campanilismo fuorviante, ma storico critico e obiettivo, come solo lo può essere un ricercatore della verità, tra tanti
fatti storici, interessanti e documentati, nel Cap. VII porta anche prove inconfutabili sulla "leggenda" creata ad hoc dai tabiesi sull'origine
di S. Benedetto (nato nell'829 [la data non è certa] in un paese della costa ligure mai identificato: infatti non esistono alcune prove
suffragate da documenti storici a tal proposito; fu vescovo di Albenga nell'885 e morì nel 900).
Il Reghezza afferma che:
...non risulta che in quei tempi (secolo XVII) vi fosse una viva e speciale divozione per questo Santo
piuttostoché per altri, e tale perciò da poter
argomentare che in Taggia esisteva la credenza che questo Santo fosse di origine tabiese...
Molti indizi che finora vennero a nostra conoscenza ci inducono a credere che la pretesa antica tradizione riguardo alla patria e al cognome di
S. Benedetto (Revelli), altro non sia che una invenzione del secolo XVII come lo fu l'apposizione delle lettere S.P.Q.T. sullo stemma di Taggia
in sostituzione delle lettere T.A.B.Y.A...
Più avanti aggiunge:
...l'invenzione della leggenda (accensione di fuochi in città per ingannare i Saraceni) è derivata da una errata interpretazione dell'uso di accendere nelle vie e piazze della città, molti fuochi e falò,
nei giorni che precedono la ricorrenza della festa di San Benedetto... Infatti non abbiamo trovato alcun documento storico che comprovi la "storiella" dei
Saraceni che rinunciano alla battaglia e al saccheggio solo perché in città ci sono dei fuochi accesi...
La solennità della festa di San Benedetto fu istituita dal comune di Taggia solo nel 1625, tradizione "sorta in ritardo", dopo più di 700 anni dalla morte del Vescovo:
in questo caso, la festa di San Benedetto non è possibile definirla una tradizione! ]
Cap. 1
Secondo le risultanze degli studi fatti da dotti indagatori e ricercatori di antichità, sembra accertato
che il popolo ligure avesse costumi e lingua simili a quelli di tutti gli altri abitatori delle coste del Mediterraneo,
e che la lingua parlata da costoro fosse molto somigliante all'antica lingua greca, la quale ci pervenne
ingentilita e perfezionata mediante i capolavori letterarii.
Tale è il motivo per cui di molti nomi di località si trova facilmente l'etimologia col sussidio della lingua
greca. Il nome di Arma ebbe certamente origine dalla parola greca erma, che significa grotta,
e che in seguito fu facilmente trasformato nell'attuale Arma, forse in conseguenza della pronuncia
speciale della prima vocale e, inclinata per sé stessa a tale cambiamento; od anche perché le successive invasioni dei
latini influirono facilmente sul cambiamento di quella vocale col tradurre quella parola non più compresa nell'altra
molto simile, benché di significato assai diverso.
Presso gli antichi occorre molto di frequente il vocabolo erma per significare appunto località ove
esistevano grotte; e sulle montagne liguri si conservò intatto, o tutt'al più fu addolcito in elma;
e ciò perché più difficilmente influì l'invasione dei latini essendone più difficile l'avvicinamento.
Al dire di tutti gli antichi scrittori le grotte furono le prime abitazioni degli antichissimi
abitatori della Liguria, onde si può tenere come cosa certa che le grotte esistenti nell'antico
territorio di Arma servissero di abitazione ai primi occupatori.
Questo territorio subì notevoli modificazioni per l'azione deleteria del mare, che, trovando a piè delle
collinette costituenti il territorio di Arma terreno legggero e facilmente disgregabile, distrusse parecchie
altre grotte ivi probabilmente esistenti, lasciando a testimoni di tali trasformazioni gli scogli nereggianti
sul fondo del mare facilmente visibili dalle alture circostanti nei momenti di calma.
Tale trasformazione si operò pure dalla parte occidentale del torrente Armea, appiè della collina della Madonna
della Guardia sul territorio di Sanremo.
L'unica grotta che fu risparmiata dallo infido elemento fino ai giorni nostri è quella dell'Annunziata, da
gran tempo convertita in poetico Santuario.
Ma ormai anche questa minaccia di scomparire, non ostante la maggior solidità della roccia e la valida
difesa di una grossa muraglia costruitavi da molti anni; e se più efficace riparo non vi si opporrà, non
tarderà certo la totale rovina di uno dei più singolari e pittoreschi Santuarii della Liguria.
Il vocabolo Arma, indicando le grotte che servivano di abitazione, diventò nell'uso della lingua parlata
sinonimo di casa, abitazione, ricovero.
E siccome le grotte naturali coll'aumentare della popolazione non
erano più sufficienti ad alloggiare tutti gli abitatori della Liguria, questi supplirono a tale deficienza
col costruire abitazioni simili alle grotte, costituite di sassi ben sovrapposti a guisa di grotta o cupola,
formanti internamente un vuoto a cupola o cocuzzolo, elevantesi su una superficie circolare capace di contenere poche persone e
ricoverarle dalle intemperie.
Ancora oggidì si trovano nelle nostre montagne
molti esempi di tali antichissime costruzioni liguri, quali furono descritte da antichissimi autori,
specialmente nei territorii di Castellaro, Pietrabruna, Pompeiana, Boscomare, e la loro costruzione è
tutt'ora in uso.
Dal vocabolo Arma deriva il verbo armezzà, adoperato tutt'ora nel dialetto
delle popolazioni liguri di montagna, per significare sostare, soggiornare col gregge, in una località, vicino
ai pascoli, sotto ripari naturali, indicati col vocabolo Armezzo.
Da tutto ciò si ha appena un'idea della importanza storica e morale che ha per il paese di Arma quella
grotta che ancora oggidì esiste a cinque minuti
dall'abitato e dagli antichi dedicata al culto della Vergine sotto il titolo di Santuario dell'Annunziata.
Ma dallo studio dei documenti esistenti si potrà viemeglio conoscere tale importanza di questa grotta, che fu
la prima culla e poi la prima Chiesa di Arma e dei dintorni; e che in seguito alle umane vicende che imprendiamo
a narrare divenne assolutamente estranea a questo paese; talché sui primordi dello scorso secolo fu sostituita
dalla Cappella dedicata a S. Giuseppe. Vedrassi finalmente come, neppur questa essendo più sufficiente ai
bisogni della ognor crescente popolazione, si dovette pensare alla costruzione di una nuova e vera Chiesa,
capace di soddisfare alle odierne esigenze.
Da gran tempo è assai generalizzato l'uso di volere spiegare tutti i nomi dei paesi, situati nell'antico impero
romano, col derivarli dalla lingua latina; ma ormai bisogna abbandonare certi criteri troppo ristretti di cui si
compiacquero gli scrittori dello scorso secolo.
Con tale sistema si volle derivare il nome di Arma da un fatto d'armi che si pretende avvenuto presso il torrente
Armea; ma tale storiella non è che una supposizione infondata e non ammessa dai più autorevoli e dotti studiosi
di antichità, come meglio vedremo in seguito.
Tale invenzione però riesce molto comoda a coloro che non possono o non vogliono addattarsi a riconoscere che
tutto il territorio, che dal torrente Armea si estende alla grotta della Madonna abbia
appartenuto al vero territorio di Arma e non a quello di Bussana.
Il desiderio di possedere in modo assoluto la parte più occidentale dell'antico e vero territorio di Arma fu
sempre l'ideale politico (se così può chiamarsi) del Comune di Bussana.
Questa antica aspirazione preoccupò e affacendò, grandemente per parecchi secoli gli amministratori di Bussana e fu causa di lunghe
e dispendiose questioni col Comune di Taggia, non però ancora terminate, poiché il Comune di Bussana pochi anni fa, in occasione del
riconoscimento dei confini per la formazione del nuovo catasto, tentò di ricominciarle in base a certi
diritti risultanti da antichi documenti.
Se poi quei pretesi diritti antichi non risulteranno validi, il Comune di Bussana incomincerà di bel nuovo,
ricorrendo ai diritti moderni ed in tal modo si sprecheranno sempre inutilmente i denari dei poveri contribuenti
senza che il Governo sappia trovare la via di risolvere in modo equo e ragionevole tali questioni secolari.
Arma, Bussana e Taggia sono perfettamente d'accordo nel volere ristabilire i loro antichi confini secondo i
diritti risultanti da antiche sentenze del 1429 e del 1632; la questione si agita da tre anni: nondimeno sta
sempre per ricominciarsi!!
Relativamente alla pretesa origine del nome Arma è da osservarsi che moltissimi sono i luoghi che furono teatro indubitato
di strepitosi fatti d'armi, senza che per questo siasi mai appiccicato il nome di Arma
né a torrenti, né ad altre località. D'altra parte poi è da osservarsi che il nome di Arma serve tutt'ora a
distinguere molte località ove non è nemmeno possibile immaginare che ci sieno avvenuti dei fatti d'armi, mentre è cosa certa e
sicura che vi si trovano delle grotte. A tal proposito ci piace pubblicare il presente parere dell'egregio Dott. Fornara cav. Domenico,
appassionato studioso di tutto quanto può interessare questi nostri paesi.
«« Arma deriva sicuramente da grotta. Ma invece di corruzione del greco "erma", è antico vocabolo ligure, come brevemente son per provare.
Nelle montagne più impervie della Liguria, quali le alpi dell'alta Roia e dell'alto Tanaro, il nome
di "Arma" per "grotta" è comune a tutte le caverne.
Lassù non ci furono certo i Greci. Lassù sia per la facilità della difesa, sia per le poche attrattive di fertilità
e di benessere, continua a scorrere nelle vene il sangue antico; dimodoché si può essere certi che i vocaboli si
mantennero inalterati, od almeno si alterarono assai meno che altrove.
Questo nome di "Arma" per "grotta" restò come nome proprio in località abitate e poi abbandonate dai Liguri, o che pure
per commerci, per rimescolamento con altre razze videro modificarsi il dialetto antico.
Il paese di "Armo" sopra Pieve di Teco ha una grotta. Il monte "Armetta" davanti Ormea ha una
grotta. Si trovano nomi proprii di "Arma" sulle montagne di Albenga, di Finale, di Savona, sempre uniti
all'esistenza di caverne, quand'anche queste non si chiamino "arma".
Perfino nelle Alpi Apuane resta il monte di "Arma" (percorso nelle sue viscere da una lunghissima
caverna, dalla quale sgorga il fiumicello di Massa) a testimoniare l'antica razza che vi abitò.
Senza entrare in arcadiche discussioni sul vocabolo greco "erma" e sulla sua trasformazione, io per queste
e per moltissime altre prove da me raccolte, ritengo che "Arma" sia vocabolo primitivo ligure, non influenzato né da Greci, né da Latini.
Anzi credo che questo termine abbia fornito agli stessi Latini le due parole "Armadium" e "Armentum":
la prima per essere l'armadio una specie di grotta dove riporre oggetti, la seconda per l'abitudine che
tutt'ora si ha nei monti cavernosi, di riparare nella notte e nel mal tempo, dentro a questi
naturali rifugi, col bestiame.
Che se paresse a taluno poco probabile questo imprestito dei rozzi Liguri ai
dominatori Latini, rammenterò come sia opinione accreditata tra gli studiosi dell'antichità,
che la più antica razza italica sia stata appunto la ligure, cosicché il nome comune
di "arma" potè anche essere stato usato nell'antico Lazio. Chissà che non derivi dal ligure il battesimo
del "Capo delle Armi" nell'estrema Calabria, dove mi consta che si trovano molte cavità?
Saremmo allora noi Liguri che avremmo invaso ed influenzato il campo dei Greci! »»
Vogliamo pur ammettere che Arma sia vocabolo più antico di erma, senza però escludere che
i Liguri abbiano avuto una lingua comune ad altri popoli, che, oltre alla Liguria propriamente detta, abitavano anche
altre regioni fuori d'Italia.
Silace che descrisse il litorale dell'Europa sino dai tempi in cui Roma era ancora sconosciuta ai
Greci, distingue tra i Pirinei e il Rodano gli Iberi-liguri, tra il Rodano e le Alpi i Celto-liguri e tra le Alpi e l'Arno i
Liguri propriamente detti.
Che la lingua dei Liguri fosse molto somigliante alla lingua greca ci è lasciato credere dal fatto che
Strabone, dotto filosofo greco morto l'anno 25 dell'era Cristiana, non volle ammettere che i Liguri fosser derivati
dai Galli, come opinò Dionisio d'Alicarnasso, ma
volle piuttosto crederli discendenti di colonie greche. Bisogna osservare che questo scrittore viaggiò in diversi
paesi per osservare la situazione dei luoghi e studiare i costumi e la lingua dei diversi popoli e in tal modo
compilò una geografia che riuscì un'opera così erudita, giudiziosa ed esatta che passa per il più eccellente libro di tal
genere che noi abbiamo degli antichi.
Fra le montagne inaccessibili e sconosciute della contrada ligure si conservò più
lungamente l'antica lingua colle sue primitive forme dei vocaboli, mentre nelle altre regioni più soggette agli
sconvolgimenti politici e all'influenza di altri popoli, si modificò grandemente la lingua parlata. Nello stesso
tempo poterono facilmente gli stessi Liguri ancora mantenere e divulgare l'uso di certi vocaboli della loro lingua,
poiché si sa dagli antichi scrittori ch'essi fin dai più remoti tempi furono esperti navigatori e commercianti
attivi, intraprendenti ed astuti quanto i fenici.
Ciò che non possiamo ammettere sono certe etimologie stiracchiate dai nomi latini che tenderebbero a
far credere i romani creatori di tutti i popoli e fondatori di tutti i paesi. Per adottare tali opinioni bisognerebbe
credere che prima dell'invasione dei romani non
esistessero nomi di paesi, di torrenti, di monti, né di altre località della regione ligure, come se la Liguria fosse
deserta e non avessero i liguri una lingua propria.
Non è possibile ammettere, che questo popolo così
fiero, tenace, e amante della propria indipendenza, che per ottant'anni resistè alle invasioni dei romani, mentre
erano già state assoggettate l'Italia, le Gallie e gran parte della Spagna, abbia potuto poi facilmente abbandonare
l'uso della propria lingua, sì da sostituire ai nomi esistenti di località, altri nomi latini.
Gli antichi nomi nati dall'uso costante di parole che certamente erano adatte a indicare certe evidenti
particolarità delle località cui venivano applicati, non potevano essere facilmente sostituiti con altri nomi nuovi non
compresi dalla maggioranza degli abitanti.
Gli stessi romani non potevano avere uno speciale interesse di cambiare
quei nomi, che anzi facilmente adottavano, salvo a storpiarli a modo loro, per darvi una forma simile agli altri vocaboli
della lingua latina.
È per questo motivo che le località aventi delle grotte continuarono a distinguersi coi nomi di arma,
armo, alma, balma, erma, lerma, ermetta, armetta;
nomi che s'incontrano frequenti sul territorio della Liguria.
Per lo stesso motivo si è continuato a chiamare
Villa talla quella località della vallata di Porto Maurizio ove sorge il paese di tal nome;
ed apprendiamo da alcuni antichi atti che una località vicina al paese
di Pompeiana chiamavasi pure Villatalla, nome che però scomparve, restando forse soppiantato
da quello di Villetta tutt'ora esistente (Atti del notaio G. B. Malavena 21 Agosto 1506, 14 Agosto 1523 e 17 Marzo 1528.
Non scomparve però il nome di Villatella dato ad una frazione del Comune di Ventimiglia in val di Bevera, che chiamasi tutt'ora
così. Però in alcuni libri e carte topografiche è chiamata Villatalla. In vicinanza del
paese di Carpasio esiste pure una frazione denominata Villatalla.
Altra Villatalla è nel territorio di Triora.
Similmente dalle filze e fogliacci del notaio Ardizzoni (Archivio Comunale di Taggia) troviamo che ancora nel 1451 esisteva nelle vicinanze
di Camporosso una località chiamata Villatalla, per cui ci nasce il
sospetto che questo fosse pure il vero e più antico nome del paese, tradotto poi nel latino Campo rubeo,
forse per il fatto che i fiori nascenti per quei dintorni sono in massima parte di color rosso.
È mai possibile che questo nome che trovasi tanto usato e ripetuto nella Liguria occidentale non si trovasse applicato pure
a qualche località del territorio di Taggia?
Non v'è altra località alla quale meglio convenga il nome di villa fiorita, ossia Villa talla, quanto la pianura
che dal fossato delle Ferraie si estende fino alla spiaggia di Arma.
Ma risulta dagli atti antichi ed anche dai catasti che le terre ortili che si estendevano dai molini in
prossimità di questo vallone, fino al fossato di S. Maria di Caneto costituivano l'isola bianca, nome che derivava
certamente dall'abbondanza dei candidi fiorellini che in primavera davano a quelle località una tinta biancheggiante.
Crediamo quindi che il nome di Taggia sia pure derivato da talla o talia (simile al greco taleia, fiorita)
e siasi poi trasformato in Taggia. Ma siccome la maggior parte degli abitanti di queste regioni
soggiornavano quasi sempre nelle alture della vallata, così, parlando della pianura nostra, dovevano nella loro
lingua indicarla coll'espressione: in ta gia, n' ta gia (gea, terra, suolo, parte piana della valle attorno al torrente)
(1).
I romani poi tradussero questo nome talora in Tacua, talora in Tavia e poi in Thabia.
Ma l'antico nome di Taggia che correva nella bocca di tutti non poteva adattarsi alla traduzione latina, voluta imporre dagli invasori
romani e giunse fino a noi come tanti altri nomi liguri di località.
L'antica nostra Villa-talla o Villa bianca è oggidì divenuta in massimo grado una vera villa fiorita, in
modo che nessun'altra regione può con questa competere per la grande produzione di fiori e frutta squisita.
Il mercato di fiori aperto da qualche anno in Arma va sempre prendendo importanza maggiore; e nello stesso tempo i fiori di Taggia,
specialmente le violette alimentano pure i mercati vicini, mentre una gran quantità di viole, rose, giacinti e garofani vengono
direttamente spediti ai luoghi di consumo.
Non v'è in Liguria altra località un po' estesa che abbia durante l'inverno una temperatura mite e costante come la parte
vicina al mare del territorio di Taggia.
Quivi il clima è migliore di quello di Sanremo, di Bordighera, di Ventimiglia e di Nizza. Il che è provato in modo
evidente dall'anticipata fioritura degli alberi da frutta come dalla estesissima coltivazione dei fiori più delicati fatta in piena aria,
senza bisogno di riparo alcuno.
Una prova apodittica poi di tale asserzione l'abbiamo nel fatto che quasi tutti gli anni il gelo arreca gravi danni alla
floricoltura delle altre regioni; danni che se qualche rara volta si verificano anche tra noi, sono sempre di gran lunga minori.
Ora come sarà possibile che una così vasta superficie di terreno fertilissimo, facilmente irrigabile abbia
potuto rimanere molto tempo disabitata mentre erano invece abitate le montagne della vallata!
Parte controversa del Reghezza che non trova riscontri storici
Il valido riparo dai freddi dell'inverno, l'abbondanza di erbe e pascoli per le mandrie vissute sulle alture
durante l'estate, la vicinanza al mare e al fiume coi lucrosi vantaggi della pesca erano motivi sufficienti per
attirare e trattenere una popolazione sul luogo ove è situata Taggia.
È ben vero che gli antichi scrittori dicono che i liguri abitavano le montagne; ma questo non è che una
conseguenza derivata dall'essere il loro paese eminentemente montuoso; né ciò esclude che non fossero abitati i pochi
luoghi esistenti in pianura.
D'altronde se esistevano in pianura Ventimiglia, Albenga ed altri paesi, non v'è motivo di sostenere che Taggia non dovesse
esistere, tanto più che l'antico paese era tutto situato su un piccolo poggio ben difeso dai
due rivi scoscesi Paraxo e Barbarasa.
Se questo paese non fosse esistito da antico, come poteva mai costituirsi il vasto territorio di Taggia, dal momento che, come si sa,
i liguri erano gelosissimi conservatori dei confini del proprio paese?
Il Pira, lo storico di Oneglia, non spende molte parole quando viene a trattare di Taggia. Si accontenta di appoggiare la sua
opinione alle parole « del dottissimo Berretti; Tabia, ergo medii aevi ».
Il Rossi, lo storico di Ventimiglia sembra dello stesso parere.
Noi senza guardare con occhio invidioso le antichità dell'Albium Intemelium e dell'Albium Ingaunium e senza
volerne menomare l'importanza, come pure senza tema di dimostrarci abbagliati da eccessivo e malinteso amor di campanile, crediamo
poter asserire con buona ragione che una antica Tabia o Taggia esisteva anche prima della venuta dei Romani.
I nostri avversari si fondano sul non esservi documenti antichi che ne parlano.
Noi crediamo siano prove abbastanza evidenti più dei documenti l'esistenza dei ruderi del Castello di Campomarzio,
la scoperta di tombe liguri e romane in quella località, il rinvenimento, di monete romane nelle vicinanze dell'abitato di Taggia,
l'esistenza di tombe romane sul percorso dell'antica via luculi.
Basandosi sull'esistenza di poche parole trovate su una pergamena del 979: locos et fundos matucianos... locos et fundos tabia...
fu asserito che le « le più antiche carte liguri ci hanno conservato memoria dei fondi Matuziani, Celiani, Tabiani, Pompeiani, Vipsani e Porciani,
luoghi limitrofi fra loro ed ora compresi nel circondario di Sanremo ». In tal modo con l'invenzione di ipotetici nomi di altrettanti
ipotetici fondi romani, si volle anche stabilire l'origine dei paesi ai quali nomi furono attribuiti.
Facciamo chiarezza (n.d.r.)
Premesso che il Reghezza faceva solo ipotesi, che non hanno alcun riscontro storico, egli non precisa che Ventimiglia e Albenga, da lui citate,
sorgono (chissà perché) in riva al mare e non nell'entroterra. Era il mare la via principale per il commercio (e la pirateria), ed è impensabile che se fosse
esistita una Taggia, nel luogo che conosciamo oggi, gli abitanti andassero avanti e indietro, per lavorare, per commerciare, ecc., dal mare a Taggia
e viceversa: uno spreco enorme di risorse e gran fatica, considerando che non esistevano strade agevoli verso l'interno (al tempo dei romani) come le conosciamo noi oggi.
Col mare a due passi è assurdo pensare che qualcuno si fosse stabilito a tre km. dalla costa! Non dobbiamo dimenticare inoltre, come è stato appurato, che quasi tutta la piana era
ricoperta di acquitrini, in pratica c'erano paludi dappertutto.
Taggia nasce solo nel periodo bizantino, quando ormai l'Impero Romano si è sgretolato in conseguenza delle scorrerie dei barbari, e gli abitanti
della costa si rifugiano verso l'interno, per proteggersi e difendersi meglio dalle devastazioni. Hanno quindi ragione gli storici Berretti e Pira: Taggia
ha origine nel periodo bizantino.
Il Reghezza sbaglia ancora quando afferma che Taggia esisteva ancor prima della venuta dei Romani (epoca pre-romana???): non c'è alcuna prova al riguardo.
Solo nel VII secolo lo scrittore bizantino Giorgio Ciprio accenna ad un "Kastrom Tabia". Non si accenna
ad alcuna "Taggia" o "Tabia" antica: si legga la curiosità n. 1 a questa pagina "Taggia: origine del nome".
Il Castello di Campomarzio non è certamente nelle vicinanze di Taggia, e il fatto che si siano trovate tombe
liguri e romane, a Campomarzio, non dimostrano certo che Taggia esistesse già nel periodo pre-romano o romano.
Altre monete romane e altri reperti sono stati trovati negli scavi di Costa Bellene e a Bussana mare, ma non certo "nelle vicinanze dell'abitato di Taggia".
Non esiste alcuna fonte storica in cui si affermi che sia mai esistita una antica via luculi: Tito Livio non ne accenna affatto nel suo "Ab Urbe Condita".
E non accenna ad alcun insediamento denominato Tabia o Tavia: con questo nome, in epoca romana, veniva indicato solo il fiume.
Con la "fantasia" del Reghezza possiamo ipotizzare che a Taggia abitavano i marziani, pur non avendo prove...
La storia va indagata seriamente. Lo storico "serio" fonda la sua ricostruzione solo su documenti orginali non lasciando spazio alcuno alla fantasia.
Tutto il resto sono solo ipotesi "strampalate" senza alcun riscontro scientifico e storico, che lasciano il tempo che trovano.
Plinio , parlando di questa parte della Liguria, ai tempi suoi, dice: "Omnia nobilibus oppidus nitent" e
nelle città da lui elencate non appare una città chiamata "Tavia" o "Tabia", perché non esisteva. Esisteva solo un fiume chiamato "Tabia" o "Tavia". Esisteva però Costa Balenae, un Vicus et Castellum in Arma, un Fundus Porcianum, una Torre Pernices...
tutte "località" individuate sulla costa e non nell'interno.
Nel grande e rarissimo volume storico "La Liguria" di Angelo Pecchioli e Leo Morabito (Editalia, Roma) di Taggia non si ha alcuna menzione: di questa città
non se ne parla affatto, neppure nell'elenco dei centri storici liguri più importanti. Dopo Genova, al secondo posto viene menzionata Albenga, come importanza, segue Ventimiglia e altre
città. Di Taggia non se ne parla mai, neppure un accenno! E questo è significativo.
Il Reghezza poi ammette che la pergamena in cui si citano i locos et fundos matucianos ecc. è datata 979! Ben oltre la caduta di Roma allora: siamo già nell'Alto Medioevo!
Dimentica anche che di "Taggia" non c'è alcun riferimento né nell'Itinerarium Maritimum, né nell'Itinerarium Provinciarum, né sulla Tavola Peutingeriana:
in questi documenti si parla solo di un "Tavia" o "Tabia" fluvius (fiume Tavia o Tabia, non una località di nome Taggia o Tabia o Tavia).
Nel periodo romano i Liguri abitavano prevalentemente sulla costa, molti si davano alla pirateria, altri al commercio e naturalmente c'erano ancora villaggi edificati
nei castellieri, in cima a colline, a monti. Ma un conto era abitare a Badalucco o Triora, un altro conto era abitare a Taggia. E Taggia
non ha proprio nulla del "castelliere"!
Prosieguo del testo originale:
La supposta trasformazione di Vipsana in Bussana
è fondata specialmente sul fatto che su un antico documento pubblicato nell'opera Monumenta Historiae
patriae leggesi Brysana invece di Bussana, mentre in realtà sul documento in questione sta scritto veramente Bussana
e non Brysana, come a tutta prima può sembrare a chi non esamina attentamente la forma speciale dei caratteri
gotici della pergamena originale.
Del resto la parola Brysana non trovasi in alcun altro dei numerosi documenti che parlano di Bussana, e perciò,
qualora la differenza veramente esistesse nel documento dovrebbesi semplicemente ritenere quale errore del
copista piuttosto che una variazione del nome.
L'esistenza di un Vipsano Agrippa
di cui parlano Strabene e Plinio non è motivo sufficiente per ispiegare o creare l'etimologia di un nome e
l'origine di un paese, poiché in fatti questi autori ci fanno solo sapere che Vipsano aprì e migliorò le strade
nella Gallia e che fece rappresentare nel portico della sua casa l'itinerario universale delle strade.
Dall'esame dei fogliacci degli antichi notai, troviamo che sul territorio di Aurigo in val d'Oneglia
esistevano località distinte coi nomi di lo buzan, li buzanchi. Esaminando la carta topografica della stessa vallata
troviamo sopra Cosio, Pornassio, Ottano, il Poggio dei Pozanchi; la regione pozanchi esisteva pure sul territorio di Castellaro.
Osserviamo inoltre che il nome di Bussana o Buzana sembra avere molta analogia con la parola dialettale puzeu (eu francese) che
serve a denominare quella terra finissima, compatta, che si usa pure per far mastice; la quale è, salvo errore,
la vera argilla che abbonda nel sottosuolo del territorio di Bussana. Sarebbero derivati da questa parola puzan pozolan
e quindi anche il nome di quella terra rossa che si scava a Pozzuoli, la quale, unita a calce, serve a fare un cemento molto
resistente all'umidità e che indurisce nell'acqua, cemento conosciuto dagli antichi e molto adoperato nelle costruzioni
romane che esistono sul capo di Armea.
Il nome di Bussana ha pure analogia col vocabolo greco peuzis che indica posizione elevata, poggio, ed è simile a beuzi,
nome di due località, una sul territorio di Taggia, l'altra sul territorio di Ceriana che si trovano entrambe a nord di Bussana.
Parecchie sono le località che si distinguono con nome simile a quello di Bussana. Esiste nella provincia di Torino il paese
di Bussano; è situato in bassa posizione e possiede nel suo territorio cave di terra argillosa,
impiegata nella fabbricazione di mattoni e tegole e somiglianti in ciò al nostro paese di Bussana ricco di terra di puzeu
adoperata nella fabbricazione di tegole e mattoni dalla grandiosa officina Arnaldi e Rossat, esistente in Arma. Però il clima
di Bussano è malsano, il che contrasterebbe coll'opinione di coloro che vorrebbero derivare il nome di Bussana dal
latino Bis-sana, dimenticando però che la troppo esposta posizione del paese è causa di buscarsi con gran facilità
delle bronchiti e polmoniti e simili altre bissanità etimologiche. Nel Trentino trovasi il villaggio di Buzzana;
perciò anche i tedeschi si occuparono di spiegare l'etimologia di questo nome che vollero derivato da butzen che in tedesco
significa bottone, avvoltoio.
Nella provincia di Reggio Emilia esiste pure un paese di Bussana; nella Calabria vi è Bruzzano che però anticamente chiamavasi Bussanam.
Leggendo antichi atti di notari si trova menzione di località del territorio di Triora aventi il nome di matuti, matuci,
porcer, porzei, ponzari, ponzaighe; i quali ci dimostrano abbastanza chiaramente che i nomi matuciani
e porciani non sono che barbarismi o storpiature operate dagli invasori romani sugli antichi vocaboli della primitiva nostra lingua ligure.
Riguardo all'esistenza del nome di Arma nell'estrema Calabria osserviamo che molti altri sono i nomi liguri che si trovano
nell'Italia meridionale e specialmente nella Sicilia. Filisto Siracusano, famoso storico vissuto circa quattro secoli avanti
l'Era volgare, dice che i siculi erano liguri. Silvio Italico, dietro antica tradizione che sussisteva ancora ai suoi tempi, ci
fa conoscere che i contorni del Tevere erano già stati abitati dai liguri. Lo stesso Dionisio d'Alicarnasso per quanto si mostri
tutto impegnato a far discendere i Romani dai greci, dice che il Lazio e dintorni furono prima degli Aborigeni tenuti da Siculi,
e dice inoltre che quando la prima colonia greca approdò in Italia questa trovavasi già abitata da Umbri, Liguri e Siculi.
È un fatto accertato che prima che l'arte della navigazione fosse così avanzata da permettere alle navi greche ed orientali di
approdare in Italia, questa era già abitata. I Liguri erano per Omero ed Erodoto i popoli ignoti che abitavano le sponde d'occidente.
La tradizione antica ci racconta che Ercole Fenicio il vincitore di Palestina (dei tempi di Mosè) corse trionfante le sponde del Mediterraneo
finché non si imbattè colla forte schiatta dei liguri che lo avrebbero ucciso se Giove non interveniva in suo aiuto con una pioggia
di sassi.
Questo mito d'Ercole rappresenta le imprese dei Fenici sulle coste liguri ed in generale sulle coste occidentali del
Mediterraneo. I Fenici occupavano prima le sponde settentrionali dell'Africa, di là circuirono il nostro mare traghettando
dalle coste di Spagna a quelle di Francia e da queste a quelle d'Italia.
Tutti i punti principali del mare Ligure e Tirreno ripeterono il nome che personifica quelle imprese. Lo stretto di Gibilterra fu detto
Colonne d'Ercole, il porto di Monaco prese il nome di Porto d'Ercole, similmente quello di Livorno e di Orbetello.
È eloquente il fatto che il dialetto ligure concorda nei suoi elementi sostanziali non solo col greco, ma con tutti gli antichi
nomi della Spagna, della Francia e della Svizzera. Già Humboldt aveva trovato che esisteva affinità fra i Baschi di Spagna e i liguri.
Col progredire degli studi le affinità linguistiche appariscono sempre maggiori in tutte le lingue. Il Sergi moderno autore che fra
i primi si occupò di tali studi, stabilisce che i liguri sono i veri Italiani primi colonizzatori dell'Italia in confronto cogli
Arii e Celti che vennero dopo.
E così, dicendo che una parola nostra deriva dal greco, vogliamo indicare piuttosto una certa affinità di pronunzia e
di significato, e quindi anche di origine, anziché una vera e propria derivazione nel vero senso dell'espressione.
Ma in tale argomento ci siamo ormai troppo dilungati; chi volesse avere più ampie cognizioni al riguardo può
consultare le seguenti opere:
Bibliografia:
Nicolucci - La stirpe ligure in Italia.
Celesia - Sull'antichissimo idioma dei liguri.
Schiapparelli - Lezioni sull'Etnografia dell'Italia.
Molon - Preistorici e Contemporanei - I nostri Antenati.
G. Poggi - Le due Riviere.
Genoati e Vituri (nel 30° Vol. degli Atti della Società ligure di Storia Patria).
Note:
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