Cap. 2
In tempi antichissimi vale a dire nelle prime invasioni dei popoli orientali lungo il litorale del Mediterraneo
esisteva già lungh'esso ed attraverso le Alpi una strada. Era la Heraclea od Herculea. Se ne trova menzione
in Aristotele
nell'opera De Mirabilibus (360 a.C.).
La via romana lungo il nostro litorale sarebbe stata con tutta probabilità costrutta sulle tracce e sulle
tradizioni di quella antichissima via. Si chiamò la strada della Cornice perché in certi luoghi scabrosi era
scalpellata nel vivo sasso e fatta con magnificenza e senza risparmio di quanto poteva
contribuire alla durata del lavoro e al comodo dei viandanti.
Nell'anno 109 a.C. fu costrutta dal Censore Emilio Scauro
la via litoranea da Pisa a Vado in continuazione della Via Aurelia
che da Roma giungeva sino a Pisa, e fu detta Via Emilia. Augusto
prolungò la via litoranea da Vado a Ventimiglia e ad Arles, e questa prese il nome di Via Julia Augusta.
Egli l'arricchì di opere d'arte, ponti e cippi contenenti le indicazioni delle distanze in miglia (il miglio romano corrisponde
colla moderna unità di misura a metri 1481).
Sotto il consolato di Giulio Cesare e di Marco Antonio (144 a.C.) (1) si cominciarono a misurare
le distanze da luogo a luogo. Il lavoro subì delle interruzioni e fu fatto ripigliare da Augusto.
M. Vipsanio Agrippa
approfittò senza dubbio del lavoro dei precedenti misuratori per far rappresentare
nel suo portico l'itinerario universale delle strade. Tale rappresentazione grafica della terra fu
riprodotta poi su membrane.
Una di queste carte stradali è quella che per essere stata in possesso di un antiquario tedesco di nome Peutinger si
chiama Tavola Peutingeriana.
Tale documento però è una riproduzione fatta nel secolo XIII da un monaco
di Colmar ed è attualmente in possesso della Biblioteca Imperiale di Vienna. Vi sono indicati i nomi
delle stazioni e le miglia di distanza da una stazione all'altra. Queste stazioni
dovevano servire all'accampamento di 20, 30 mila uomini in fine di ogni marcia, e perciò dovevano trovarsi in posizioni adatte
e ad una conveniente distanza l'una dall'altra. Vi si radunavano e conservavano le derrate necessarie per
l'approvvigionamento dell'esercito.
[...] (Vengono elencate le stazioni cominciando dal Varo e procedendo verso oriente, che noi tralasciamo di trascrivere)
Infinite furono le discussioni che fecero i dotti per stabilire la vera situazione delle stazioni di Lucus
Bormani e di Costa Balenae.
Il geografo Cluverio (1580-1623) a tal uopo divise in tre parti uguali la distanza fra Albenga e Ventimiglia, e in tale maniera fissò
la situazione del Lucus Bormani fra Diano e Cervo e quella di Costa Balena vicino alla foce dell'Argentina (Tavia fluvius).
[...] (Vengono indicate diverse collocazioni dei due siti: ogni studioso fissava a modo suo, con ipotesi a volte strampalate,
la situazione delle stazioni di Lucus Bormani e Costa Balena, non suffragate peraltro da riscontri storici).
Per fortuna, nei dintorni di Chiappa (valle di Cervo) fu rinvenuta la seguente iscrizione. « imp Caesar Augustus
- imp X tribunicia potes XI-DLIII »
Questa lapide ci dice che Augusto costruì la strada nell'anno in cui fu insignito per la decima volta della potestà tribunizia,
cioè nell'anno 741 dalla fondazione di Roma, ossia nel 13 a.C.
Il campo romano, cioè Lucus Bormani, doveva quindi trovarsi tra Diano Castello e Diano Marina.
Per quanto riguarda Costa Balene, i dubbi vennero rimossi quando in località Capo di San Siro ovvero il Don furono
scoperte antichità romane aventi solide mura, si trovarono lastre spezzate di marmo, vasi rotti di creta e di maiolica, lumi sepolcrali,
molte medaglie e monete romane, ossa umane, diversi pavimenti uno dei quali a bel mosaico con figure di fogliami ed animali.
Dagli antichi libri delle deliberazioni del Parlamento di Taggia risulta che chiamavasi romana la strada che partendo dal
Capo San Siro, dirigevasi, sulla sponda a levante del torrente, fino al ponte che lo attraversava (dirigendosi ad ovest verso via Levà).
Nel 1869 nell'occasione che si dovè spostare il percorso della strada nazionale per costrurre la ferrovia, si fecero pure delle scoperte
simili a quelle descritte più sopra. Però tutto andò disperso. Ora che si sta trasformando la
coltivazione di quel terreno si potrebbe con poca spesa fare dei giudiziosi scavi per far conoscere e conservare
le romane antichità che vi si possono ancora trovare, onde riparare così in certo qual modo alle dispersioni
vandalicamente compiute nel passato quasi sotto gli occhi delle autorità (proprio come oggi: non è cambiato nulla da allora - n.d.r.).
Si eviterebbero così per sempre le dispersioni che compiono certuni che per curiosità o per avidità di guadagno scavano
e distruggono quanto ancora si può trovare sotto terra. Miserabili! Costoro non comprendono che un semplice coccio trovato in una
certa località può avere un valore archeologico grandissimo senza realmente valere un centesimo; ma non considerano
che questo valore morale resta pur annientato quando un oggetto venga nascostamente asportato o non resti
collocato convenientemente in qualche museo (il problema oggi non si pone più perché è dimostrato che ai Taggiaschi/Taggesi e
Armaschi/Armesi non gliene frega proprio niente del paese in cui vivono - n.d.r.).
Il modo in cui si trovarono tali antichità ci porge la prova innegabile di una distruzione compiuta violentemente da un qualche
agguerrito esercito di barbari e crudeli invasori.
Generalmente si attribuisce tale distruzione all'invasione dei longobardi nell'anno 641 nell'epoca cioè in cui Rotari
occupò la Liguria e distrusse Luni, Genova, Savona, Varigotti, Albenga; noi però abbiamo motivo
di credere che si debba riferire ad epoca anteriore.
Il nome di Costa Balena è giustificato dalla speciale conformazione della collina che sovrasta quella località; essa ci presenta
l'aspetto di un'immensa balena avente il muso verso il mare e la coda verso Taggia. Tale figura si dimostra più spiccata ed evidente
allorché un po' di nebbia forma dietro la collina un fondo biancheggiante che ne fa risaltare il contorno.
La località ove si scoprirono le antichità dista precisamente XVI miglia dal campo romano di Ventimiglia, che, come ben si sa,
era situato fra la Nervia e la Roia.
Le rovine romane del Capo Armea distano due miglia dalla Costa Balena. Certamente doveva esseryi stretta relazione fra
queste località e il Castello di Campo Marzio (poi detto di San Giorgio) che trovasi a circa cinque miglia da
Costa Balena; probabilmente quello serviva di avanguardia e di prima difesa delle due importanti località contro
qualsiasi possibile invasione dalle valli contigue alla valle di Taggia.
Certamente la Via Julia Augusta (che il Rossi però chiama ancora via Emilia!) mediante una diramazione lungo la valle di Taggia
raccordavasi a Briga con la strada più antica che dirigevasi a Tortona e quindi a Roma.
Da Briga però partivano varie diramazioni, una verso sud per Ventimiglia, un'altra verso nord per Tenda,
Limone, Pedona (Borgo San Dalmazzo), un'altra a nord est per la valle di Bisalta (detta ancor oggi Via Mia, cioè Emilia) e questa
biforcavasi per la valle di Pesio, ma tutte collegavansi alla gran via per Tortona.
Senza la comunicazione della valle di Taggia vi sarebbe rimasto troppo isolamento e distacco delle nostre regioni dagli altri dominii
romani (Borelli, Antiche strade romane).
Ma l'importanza di Costa Balena appare molto più grande quando si consideri che questa località era pur compresa nell'elenco delle
stazioni marittime della Liguria, dell'Itinerario di Antonino Pio:
« Hercole monoeci. Vintimilium plagia. Tavia fluvius, Portus Maurici - Albingaunum. Vadis Savadis portus. Genua Portus.
Portus Delphini. »
Bisogna osservare che il nostro torrente presentava alla sua foce un'insenatura nella quale si internavano i navigli. Infatti
ancora nel 1518 si caricavano le navi mediante barchette che dalla regione Pescine portavano le merci sulle navi ancorate davanti alla foce,
come ci è provato da alcuni atti di quell'epoca (notaro Agostino Ardizzone).
L'importanza del porto di Arma era dunque apprezzata dall'epoca romana. Ma ancora oggidì possiamo francamente dire che il porto di Arma
è il migliore della nostra Provincia il che è accertato da tutti gli intenditori di marineria ed è provato dai fatti, dalla esperienza.
In occasione di forti mareggiate tanto a Porto Maurizio che a Oneglia e a Sanremo furono gettati a riva e anche fortemente danneggiati
dei bastimenti che si trovavano ancorati in rada, mentreché nelle stesse circostanza di tempo trovandosi nel porto di Arma dei
bastimenti, non si verificò mai il caso di vedere un sol legno sbalzato dal suo ancoraggio. Il che è tanto più rimarchevole
se si considera che quivi non esiste come a Sanremo a Oneglia e Porto Maurizio alcun principio di quelle grandiose e costose
opere che si son fatte e si fanno continuamente per migliorare le condizioni di quei porti.
Tale superiorità del porto di Arma appare tanto più rimarchevole se si considera che quivi non esiste alcun manufatto che possa in
qualche modo contribuire al miglioramento delle buone condizioni naturali del porto stesso, mentreché tanto a Sanremo quanto ad
Oneglia e a Porto Maurizio esistono delle grandiose e costosissime opere di moli e prolungamenti eseguiti in varii tempi allo scopo
di aumentare la sicurezza di quei porti.
Certamente tale superiorità del porto di Arma deriva da privilegiate condizioni geologiche della località che al fondo marino
danno una speciale conformazione atta alla costruzione di un vero e grandioso porto.
Questo fatto ci è rivelato dalla stessa natura e disposizione delle circostanti colline che sembrano staccarsi dalla massa maggiore
delle montagne costituenti la Valle Argentina; a levante abbiamo la diramazione di colline che dal monte Settefontane scendono
a Castellaro, al monte Taggiasco, al monte delle Rocche Croaire, alle Grangie e terminano col capo delle Conche (Caput
Concharum, nome derivato dai numerosi giacimenti di conchiglie di mare che vi si scorgono); a ponente abbiamo le colline di
Bussana che terminano col Capo Armea prolungantesi in mare sotto il livello delle acque mediante una lunga fila di scogli.
In nessun luogo della Riviera ligure il fondo marino si abbassa con tanta rapidità come al largo del nostro golfo, dove infatti si hanno
159 braccia d'acqua alla distanza di meno che due chilometri dalla spiaggia.
Il forte pendio della linea di inclinazione del suolo sottomarino è una garanzia contro la possibilità di interramento del porto di
Arma, che potrebbe temersi per la vicinanza della foce dell'Argentina, come avviene per il porto d'Oneglia a cagione della
foce del torrente Impero.
Nelle alluvioni dell'ottobre 1907 il fondo del porto di Oneglia rimase così ingombro di ammasso trasportato dalle
acque dell'Impero, che un piccolo battello a vapore, che pesca circa due metri, rischiava di toccare il fondo. Ciò dà un'idea delle
forti spese di dragaggio che posson essere occasionate continuamente dalla vicinanza di un torrente quando questo non può avere pronto
sfogo nella profondità del mare come lo trova il torrente Argentina nel mare di Arma.
Quando la foce dell'Argentina era rivolta verso levante, tutti i detriti provenienti dalle forti alluvioni, erano spinti,
sotto l'azione di correnti marine, fin sulla spiaggia di Riva e di S. Stefano, cosicché vi si formò una bellissima spiaggia, su cui
trovavano asilo le navi tirate con corde ed argani; e oltre ciò, avanzava un
grande spazio prima di giungere alle prime case del paese e alla strada ivi passante. Ma in seguito la foce
deviò verso ponente e da quel tempo i detriti delle alluvioni, privi delle correnti marine, che li spingevano a levante,
cominciarono a dirigersi verso mezzogiorno e si dispersero nella profondità del mare ed in piccola parte si diressero verso
ponente riuscendo appena ad impedire la scomparsa delle arene della spiaggia di Arma. Mentre quella di Riva continuò a sentire solo
l'azione del riflusso del mare, azione che poco per volta trascinò le arene verso la profondità del mare a
sud, cosicché in questi ultimi anni le onde marine minacciarono l'esistenza del paese e rovinarono alcune case del paese stesso.
In seguito a ricorsi e suppliche il Ministro dei Lavori Pubblici on. Bertolini, con sua recente disposizione, autorizzò tra le altre
la spesa di L. 142,500 per la costruzione di tre pennelli a difesa della spiaggia di S. Stefano e di una scogliera frontale a difesa
della spiaggia di Riva ligure.
Se per il porto di Arma si fosse potuto spendere almeno una piccola parte delle somme che si sono spese per gli altri porti di Oneglia,
di Porto Maurizio, di Sanremo, si potrebbe ormai avere un porto che offrirebbe migliori vantaggi dei porti nominati.
Dalla carta idrografica del litorale della Liguria pubblicata dall'Ammiraglio Albini si può facilmente constatare come la rada di S. Remo
abbia per lungo tratto appena 1-2-3-4 braccia di profondità; quella di Porto Maurizio e Oneglia 2-3-5-6; quella
di Diano 4-7; quella di Arma invece alle stesse distanze dal lido ne ha 8-12-14 !!!
A Porto Maurizio e a Oneglia fino a oltre dieci chilometri da terra, si trova il fondo appena a 14-19-40 e al massimo 50 braccia.
Invece nel porto di Arma il fondo ha una naturale disposizione alla formazione di un vero porto,
poiché mentre nel centro precipita in breve tratto a 159 e 244 braccia, nelle parti laterali del golfo cioè ai lati di tale conca
esso si mantiene ad una trentina di braccia per la lunghezza di oltre otto chilometri.
Così tutta la massa di acqua esistente nel mare del porto di Arma, trovasi ben riparata dai grandi sconvolgimenti che
potrebbero sbalzare verso la spiaggia i navigli ancorati in questa località.
La scogliera che trovasi a ponente, cioè sotto Bussana Nuova al capo Armea, è una difesa naturale che con poca spesa si potrebbe
facilmente trasformare in un vero molo qualora si volesse trar profitto da tutto lo specchio d'acqua della rada che potrebbe
utilizzarsi per un vero e grandioso porto di Arma.
Dal lato orientale si potrebbe fortificare la sponda ovest del torrente Argentina con gettate di scogli evitando in tal modo
qualsiasi possibile introduzione di detriti provenienti dall'ingrossamento del torrente stesso.
Con una spesa relativamente piccola si potrebbe ridurre la rada di Arma ad un vero porto, non meno
profondo di quello di Genova, e che chiuderebbe più mare che tutti insieme i nostri poveri porti provinciali.
Oltre a ciò esso avrebbe un'importanza militare straordinaria, perché sarebbe il migliore possibile contrapposto al vicino porto
francese di Villafranca e di una importanza strategica grandissima anche perché per la sua posizione alla imboccatura della Valle
Argentina completerebbe la più conveniente linea di difesa contro un'invasione da parte della Francia.
Fin dall'11 Novembre 1886 l'amministrazione del Comune di Taggia aveva deliberato di promuovere la costituzione del Consorzio
dei Comuni interessati nel porto di Arma, dichiarato porto di 4a Classe.
Ma in seguito non si fece più nulla a tal riguardo specialmente per il fatto che dopo tre mesi cioè il 23 febbraio 1887 un disastroso
terremoto interruppe qualsiasi progetto od intrapresa.
Intanto si costituiva il Consorzio per il porto di Sanremo e si comprendeva in esso anche il Comune di Taggia stabilendo intanto anche
la relativa sua quota di concorso. Allora il Consiglio Comunale di Taggia proponeva ed approvava all'unanimità quanto segue:
« Essendo la spiaggia di questo Comune classificata porto di 4a Classe dobbiamo pensare al relativo iniziato
Consorzio e alla spesa occorrente e non è giusto dover concorrere anche nella spesa di altri porti. Il Consiglio unanime si oppone
alla quota di concorso posta a carico di questo Comune per il porto di Sanremo... e intende di andarne esente come il Comune di
Ventimiglia che trovasi nelle identiche condizioni ».
L'iscrizione del Comune di Taggia fra i concorrenti nelle spese del porto di Sanremo avvenne probilmente
per un equivoco derivato dal fatto che il nostro porto fu iscritto nell'elenco col nome di porto di Arma, a differenza
di quanto si è fatto con tutti gli altri paesi nei quali benché il porto si trovi in una località distante dal capoluogo,
pure non trovasi indicato col nome della frazione o borgata, ma bensì con quella del capoluogo stesso; quindi per
seguire lo stesso sistema onde evitar equivoci dovevasi il porto di Arma chiamare porto di Taggia o per lo meno di
Arma di Taggia.
Malgrado le continue proteste del Consiglio il Comune di Taggia ha continuato da quell'epoca fino al presente a concorrere
con la sua non indifferente quota a pagare le spese piuttosto rilevanti che si andarono man mano facendo nel porto di Sanremo,
cosicché in questo lasso di tempo ha pagato più di 15,000 lire. E con Taggia concorsero pure altri Comuni che avrebbero dovuto
far parte del Consorzio per il porto di Arma impiegando così in un modo più proficuo il loro denaro.
Col concorso dei Comuni consorziati e col concorso non indifferente degli industriali esistenti in Arma e in Taggia si potrebbe
ora quindi ottenere un risultato molto soddisfacente; poiché se il Comune ha dovuto spendere per Sanremo il suo denaro e
non spese un centesimo nel porto di Arma, pure era tanto forte il bisogno di uno scalo o luogo d'approdo sulla spiaggia di
Arma che la Ditta Rossat e Arnaldi ha dovuto sopperirvi a proprie spese per formarne uno.
Nel 1884 fu costrutto un ponte in ferro sul mare che essendo situato troppo vicino alla foce del torrente Argentina si dovè distruggerlo
per rifarlo nel 1890 davanti all'abitato di Arma. Ma nel 1898 questo venne seriamente danneggiato
da una forte mareggiata. Con forti spese furono riparati i danni, ma nuovamente nel 1906 un'altra mareggiata lo danneggiò
talmente che si rinunciò del tutto ad ulteriori riparazioni perché troppo costose e non durevoli.
In tal modo quella Ditta spese fra impianti e riparazioni la bella somma di lire trentamila senza averne potuto ottenere alcun
risultato durevole, mentre in altro modo n'avrebbe potuto ottenere dei risultati più soddisfacenti sia per l'utile
proprio della Ditta stessa sia per il vantaggio comune del commercio per il maggior progresso di questi paesi.
Al ponte di approdo costrutto dalla Ditta Rossat si accostavano velieri della portata di 200 tonnellate. Il movimento commerciale
occasionato dalla costruzione di questo ponte raggiunse cinquemila tonnellate annue: cioè 4000 in laterizi in partenza e 1000 in
carbon fossile in arrivo.
Sarebbe quindi grande il vantaggio che potrebbe apportare la esistenza di un molo che potesse servire allo sbarco e imbarco
dei velieri sul porto di Arma poiché molte sono le merci e derrate che sarebbero oggetto di grande e attivo scambio coi paesi
della vallata e più vicini al porto di Arma.
Le principali derrate per l'esportazione sarebbero: olio d'oliva, pietra scalpellata di Taggia, lavagne di Triora,
sansa, carbone di legna, legna da ardere, legnami greggi e lavorati (Segheria Sartore), mattoni e
tegole (Ditta Rossat e Arnaldi) piastrelle in cemento (Ditta Trull, Ditta Sartore) ceste per paste e per fiori, agrumi, castagne,
fresche e secche ecc. ecc. Le merci e derrate di maggior consumo e quindi d'importazione sono: vini da pasto, carbon fossile,
granaglie e farine, foraggi, paglia, concimi naturali e chimici, calci, cementi, ferramenta e cuoi.
Il commercio poi del porto di Arma sarebbe certamente aumentato col sorgere di nuovi opifici stante l'abbondanza della forza
motrice e della mano d'opera a buon mercato.
II Governo in seguito all'ultima legge sui porti ha stanziato in bilancio la somma di trenta milioni di lire per concorrere
nel miglioramento dei porti minori d'Italia, ed ha già concesso rilevanti somme per lavori da farsi nel porto di Sanremo, di
Diano, di Cervo. Per il porto di Arma di Taggia che ha più degli altri tutti le migliori naturali disposizioni, sì da meritar
più che gli altri un sussidio per farvi dei lavori di adattamento, non fu ancora non solo concesso, ma nemmeno richiesta alcuna somma!
Che cosa fece infatti finora il Comune di Taggia per l'avvenire del porto di Arma? Finora ha solo presentato appello contro la
sua iscrizione fra i comuni consorziati nelle spese per il porto di Sanremo. Potrebbe anche usufruire dei benefici accordati con
recente legge del 1907 per i sussidi ai porti minori, facendo preparare studii ed opportune proposte concrete di opere
occorrenti per il migliore adattamento del porto di Arma.
E si noti che chiedendo il Comune di Taggia la somma di lire 100,000, il Governo concorrerebbe pel pagamento di essa
per lire 50,000, la provincia per lire 10,000 cosicché al Comune di Taggia non rimarrebbe che il pagamento delle altre
40,000 con ammortizzamento graduale in trentacinque anni di tempo!
Ma del pagamento di questa rimanente somma si incaricherebbero di buon grado parecchi industriali di Arma e di Taggia in proporzione
dell'utile che ne ritrarrebbero direttamente, cosicché il Comune non verrebbe a spendere un centesimo e usufruirebbe di tutti i vantaggi
dell'aumento di commercio che necessariamente apporterebbe l'esecuzione di tali opere nel porto di Arma.
A ciò ottenere sarebbe d'uopo che una persona intelligente ed attiva si mettesse alla direzione di sì lodevole
iniziativa che sarebbe vera fonte di straordinario sviluppo e progresso tanto per Arma e Taggia come per tutti i paesi
vicini e della Valle Argentina (la tradizione continua: già fin d'allora gli amministratori del Comune di Taggia navigavano... tra le
occasioni mancate... [n.d.r.]).
Note:
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