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ORIGINI IDENTICHE

Forse non tutti sanno che ancora oggi stiamo pagando le conseguenze dei conflitti tra guelfi e ghibellini.
Infatti, a causa delle lotte fra queste due fazioni (che si contendevano il Governo di Genova e il predominio del Ponente Ligure) nel 1270 Arma perdeva gran parte del suo territorio e la sua autonomia di libero Comune.
Infatti, Arma che fino a 10 anni prima era appartenuta ai Conti di Ventimiglia (Guelfi) continuava a rimanere Guelfa.
Per motivi politici, di cui è facile individuarne i futuri sviluppi, nel 1270, essendo il Governo di Genova Ghibellino, il genovese Baliano Doria, venuto da queste parti baldanzoso di una potente flotta si diresse contro Ventimiglia, e dopo averla sconfitta, tornando a Genova, pensò bene di distruggere anche Arma. La rase al suolo, non lasciando pietra su pietra, fugandone tutti gli abitanti (Annali del Caffaro). Quelli che trovò sul suo percorso li spedì al Creatore infilzandoli a furor di spada.
Da quel momento il territorio di Arma (Costa Armedana) venne diviso da Genova in due parti: dall'Armea alla Grotta dell'Arma fu assegnato a Bussana (Vecchia); dalla Grotta dell'Arma all'Argentina, fu assegnato a Taggia, governata a quel tempo dai Ghibellini.
Ci narrano questi fatti lo storico Nilo Calvini di Bussana (e Domenico Fornara di Taggia), il quale prosegue il racconto asserendo che la povera Arma medioevale scomparve dalla scena del mondo come Comune autonomo.
In verità, i Doria, da queste parti, non sono mai stati generosi, ma anzi sembravano ossessionati dal fatto che far sparire interi villaggi fosse una missione alla stregua dei romani con Cartagine.
La guerra sostenuta contro i Conti di Ventimiglia per estendere il potere del Genovesato fino all'estremo Ponente durò ben sei anni.
Genova vietò anche che il paese di Arma venisse ricostruito, bontà sua!
Tuttavia Arma non fu mai completamente abbandonata, perché continuarono a svolgersi attività di pesca, agricole e commerciali.
Nel 1357 i figli dei profughi, insieme alla popolazione di Bussana, della quale facevano parte non poche delle loro famiglie, per volere di Genova sottoposero il loro territorio a Taggia.
Il confronto dei nomi delle 34 famiglie di Arma, riunite in parlamento nel 1260, in occasione dell'atto di vendita del Comune di Arma (dai Conti di Ventimiglia a Genova), con i cognomi odierni, o da poco estinti, di Taggia e Bussana, leva qualunque dubbio sulla fusione del sangue di Arma in quello di Bussana e specialmente di Taggia.
Dagli archivi di Stato del Genovesato si legge che sul confine del Comitato di Albenga con quello di Ventimiglia, esisteva un Comune chiamato Arma, o latinamente "Alma".
Nello sfasciamento della Marca Arduinica Mostra/Nascondi, Arma fu con Bussana, Badalucco, Triora, preso dai Conti di Ventimiglia.
Nelle divisioni e suddivisioni di questa famiglia, restò al ramo di Badalucco e nel 1° gennaio del 1250 Oberto dei Conti di Ventimiglia confermava agli abitanti di Arma le loro ragioni, le azioni, le usanze antiche, riconoscendole le libertà di governarsi, di riunirsi in parlamento e di eleggere un proprio sindaco.
Il prof. Fornara, in un articolo pubblicato sul periodico "L'Argentina" del 1887, rivolgendosi a Taggia, chiede di non rinnegare le proprie origini armasche.
Infatti scrive: "Voi, abitanti di Taggia nuova, non discenderete già in terra aliena, ma nel paese di molti fra i padri vostri, in una terra che se interrogate le memorie del sangue, vi deve parlare di ciò che furono molti secoli addietro le vostre famiglie, si deve a voi presentare come antica e vera patria".

Cosa deduciamo da tutto ciò?
Che Arma era un Comune autonomo già nel 1250.
Che Arma fu venduta a Genova nel 1260.
Che Arma fu distrutta da Baliano Doria nel 1270.
Che gli abitanti di Arma si rifugiarono, in conseguenza del disastro, in parte nei boschi vicini, ma in buona parte a Bussana e a Taggia.
Che Taggia è figlia di Arma.
Che il sangue che scorre nei taggiaschi è sangue armese.
Che l'antica patria di Taggia è Arma.


Riportiamo qui di seguito una frase del Calvi: "Non desunt qui dicunt, Oppidum Tabiae habere nomen a flumine ad illius radices dilabente, qui dicitur Taggia, quasi taglia, quod est scindere eo quod scindat suo impetu littora circum adiacentia.
Sed iuxta Aristotelis doctrinam saepe nomina propria sunt ad beneplacitum primi instituentis, vel accipiunt nomina ab ipsis Conditoribus, iuxta sacras litteras quarum auctoritati (ut par est) magis inherere debemus, et verificatur, quod de primo Institutore iam diximus
".

Che tradotto dice: "Non mancano coloro che pensano che la città di Taggia prenda il nome dal fiume che le scorre vicino, detto Taggia, come "taglia", cioè divide, con il suo impeto, il terreno circostante.
Ma, come disse Aristotele, spesso i nomi propri prendono il nome da colui che per primo è stato il fondatore, e con la sua autorità rimandiamo a quanto detto sul primo fondatore
".

Ma chi è stato questo fantomatico "primo fondatore" di Taggia?
Sempre il Calvi scrive: "Cum annis elapsis essem Comi, prae manibus habui librum Lugduni impressum, in quo erant varii auctores perantiqui, in uno volumine, nempe Berosus Caldaeius, Metasthenes Persa, et alii. In uno autem eorum legebatur, quod quidam vir nomine Tages, ex suo nomine Urbem condidit in finibus Ausoniae, ad occasum solis. Procul dubio Italia Ausonia est".

Che tradotto dice: "Quando negli anni scorsi ero a Como, ebbi fra le mani un libro stampato a Lione, contenente brani di vari autori molto antichi, quali Beroso Caldeo, Metastene Persa e altri. In uno di essi si leggeva che un certo Tages fondò in occidente, ai confini con l'Ausonia, una città che chiamò con il suo nome. Senza dubbio l'Ausonia è l'Italia".
Quindi, il fondatore di Taggia è stato (molto probabilmente) uno sconosciuto di nome Tages.

Ma oggi, Arma, dov'è, se non c'è più alcuna parte del suo territorio che venga denominata così?
È una città fantasma?
Eppure esiste ancora nello stesso luogo e conserva lo stesso nome (pre-romano) che le avevano dato gli antichi Liguri ben oltre 2.000 anni fa.


Fonti:

Domenico Fornara, L'Argentina, 1887;
Nilo Calvini, Storia di Bussana, 1978;
Nilo Calvini, La cronaca del Calvi, 1982;
Laura Garberoglio, Storica e Scrittrice, Arma.



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