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MEMORIA STORICO-GIURIDICA IN DIFESA DEL COMUNE DI RIVA LIGURE (4-2)


  Cap. 4/2
 

Capitolo 4 parte 2

Noi abbiamo voluto rintracciare, prima di rispondere, tutta la pratica e, dopo infinite ricerche, vi siamo riusciti. Ne esporremo le fasi e si vedrà come la esposizione, che di essa ha fatto il comune di Taggia, sia un tessuto di errori, di inesattezze e di affermazioni contrarie alle risultanze dei documenti. Se il relatore non fosse stato l'egregio avvocato Fossati, verso del quale nutriamo riverenza somma, avremmo dovuto usare una parola assai più grave. Si ritenga che, dopo il 1753, in seguito alla divisione ed al surriferito decreto del Senato, circa le gabelle e redditi, Riva continuò a venderle, senza interruzione, sino al 1778. Taggia, che avea cessato, come si è visto colla scorta dei documenti, di vendere le gabelle, entro i confini di Riva, nel 1778, le rimise in vendita. Di qui proteste da parte dei negozianti di Riva, costretti a pagare due volte la stessa gabella, cioè a Riva ed a Taggia. Il magistrato delle Comunità, dopo varie provvidenze, con decreto del 26 aprile 1782, respinse le pretese di Taggia ed annullò quanto, da essa, si era fatto. Gli anziani di Taggia, ricorsero ai Ser.mi Collegi, fidando nelle potenti protezioni, che la loro città aveva in Genova. I Ser.mi Collegi, malgrado che il Magistrato delle Comunità, dichiarasse che non v'era luogo a riferire, perché la divisione fra i due paesi era già stata fatta, mandarono, allo stesso, di fare la relazione e sospesero interinamente, ma per soli venti giorni, l'esecuzione del detto decreto delli 26 aprile (1). Ciò avveniva il 24 maggio. I venti giorni trascorsero ed il decreto riebbe pieno visore, poiché soltanto il 9 luglio 1782, il Magistrato presentò la sua relazione. Essa è tanto importante che abbiamo creduto di trascriverla per esteso, nei documenti, ed inoltre darne un ampio sunto, in questa parte della nostra memoria.
« ... per rifferire colla maggior accertatezza ha stimato di riassumere da più alto principio l'origine della presente questione, ed ha riconosciuto in sostanza, che li due luoghi della Riva e di Taggia, essendo per l'addietro vissuti in perfetta comunione formavano un sol corpo di comunità, durante la quale si sono vendute tutte le gabelle ed introiti, di comune interesse dal M.co Consiglio di Taggia, in tutto a tenore dei municipali capitoli. Ma poiché piacque a V.V. S.S. Ser.me per giusti motivi, e ad istanza degli uomini della Riva li 12 marzo 1753 di decretare la divisione fra le due comunità si degnarono egualmente di ordinare con loro veneratissimo decreto de 8 aprile 1754, che le gabelle si dovessero vendere separatamente nelli due luoghi della Riva e di Taggia, assegnando alle due comunità i loro rispettivi confini entro i quali dovesse ciasched'una delle medesime essigere privatamente le gabelle e particolarmente quella dell'estrazione dell'olio da vendersi almeno per anni quattro a venire e le altre per il tempo ben visto. Successivamente in relazione dell'ora qm Eco.mo Giacomo Lomellino e con l'opera eziandio del M. Pompeo Rocca consultore passarono V.V. S.S. Ser.me a realizare li 5 febbraio 1755 la divisione delle due comunità commettendone l'esscazione a questo Ecc.mo e Prest.mo Magistrato con eccitare il di lui zelo quando in qualche parte fosse cos'alcuna per occorrerle di rifferire. Essendosi pertanto riconosciuto che da detto tempo in appresso in esecuzione dei suriferiti decreti le gabelle spettanti alla comunità della Riva sono state pacificamente vendute in detto luogo dai suoi rappresentanti fino al 1778, ha stimato il prefato Ecc.mo e Prest.mo Magistrato atto d'imperiale giustizia con suo decreto del 26 aprile p. p. far ingiungere a M. M. anziani di non rinnovare cosa alcuna sopra dette gabelle, ma debba aver luogo il deliberato da Sindaci della Riva ai quali solamente spetta per diritto eseguire la vendita nelle forme solite e consuete ».
Prima di proseguire occorre una breve osservazione. Da questa narrazione ufficiale, autentica, del Magistrato ad hoc, appare evidente che la divisione fu fatta ed eseguita e pacificamente.
Proseguiamo: « Quindi non può a meno di far loro presente essere irragionevoli ed ingiuste le lagnanze portate a V.V. S.S. Ser.me dalla comunità di Taggia, non solamente per essere il suo ricorso nullo e soggetto al vizio di orrezione e sorrezione, ma perché non sussisteva opposizione alcuna in questa cancelleria contro la comunità della Riva, conforme è stato falsamente esposto in dette preci e finalmente perché trattandosi di dover dare esecuzione agli ordini di V.V. S.S. Ser.me questo Ecc.mo e Pret.mo Magistrato non vestiva che il carattere di semplice esecutore onde apprese fosse inutile interpellarne la comunità di Taggia, o suoi rappresentanti. Che se si dicesse per parte delli medesimi essere da tre anni nel quasi possesso di vendere suddette gabelle è troppo facile il ravisarne l'inattendibilità, essendo questo un abuso o più tosto usurpazione di fatto, non valutabile in modo alcuno a' fronte de sovrani decreti, niente giovando l'opposizione fatta dal sindico di Taggia contro la rendita della gabella stata fatta da un solo sindico della Riva nel corrente anno poiché questa riguarda il modo e non il gius, sarà nullo il modo ma non mancherà già mai il gius. Conosciuta pertanto questa irrefragabile verità da chi fa le parti de M. anziani di Taggia, si è procurato (ecco qui distratta dal magistrato del tempo tutta la difesa odierna di Taggia) di sostenere che il decreto di V.V. S.S. Ser.me de 5 febbraio 1755 non è stato fin ora eseguito, onde formando le due comunità un solo corpo debba procedersi a tenore de municipali capitoli, in forza de quali spetta la vendita delle gabelle alla comunità di Taggia, Per verità è sembrata troppo evidente la falsità di questa obbiezione non solamente perché il fatto dimostra tutto l'oposto, ma perché ancora la divisione delle dette gabelle è stata confessata, dalli stessi anziani di Taggia, che maliziosamente si sono studiati di tacerlo nella pretesa giustificazione delle loro ragioni; infatti e come mai può conciliarsi l'osservanza di detti capitoli con la continua esperienza di tanti anni che prova essersi sempre diversamente praticato? ».
Dunque, in forza di tale ineceppibile documento appare che l'esposizione, che Taggia faceva, era un tessuto di falsità, subdolo il suo procedere e contrario al vero. Risulta, in modo solenne, affermato, dal magistrato competente, che la divisione era stata eseguita e, per tanto tempo, mandata ad effetto, come avevano riconosciuto, a riguardo di altra pratica, gli stessi anziani di Taggia, sebbene, maliziosamente, lo avessero taciuto, nel loro memoriale ai Ser.mi Collegi. Ma la relazione continua e ci fornisce nuovi e sempre più gravi particolari, circa l'iniquo procedere tenuto, allora, da Taggia, verso Riva. « Al cospetto di queste solidissime ragioni, aggiunge l'Ecc.mo e Prest.mo Magistrato, che nel 1779, essendo ricorsi li sindaci e negozianti della Riva per essere sgravati dal doppio pagamento delle gabelle disaprovate da municipali capitoli, contro una tale instanza hanno fortemente riclamato li anziani di Taggia, con protestare che le due comunità sono totalmente separate ne avervi più luogo il disposto da detti capitoli ».
Che si vuole di più? Allora si diceva che la divisione era avvenuta, due anni dopo la si negava completamente!!
Seguita la relazione: « Sembra dunque in oggi una troppo grande animosità de M. anziani di Taggia, di voler impugnare il proprio fatto ed ostinarsi in una lite mancante d'ogni ragione con spendere intanto a capriccio ecc. ».
Malgrado tale relazione, vi fu chi propose, tante erano le protezioni ed aderenze per Taggia, nel seno dei Ser.mi Collegi di restringere alquanto la portata (circonscrivere), del decreto 26 aprile, del Magistrato delle Comunità, ma la proposta fu respinta, non avendo avuta che sette voti favorevoli, contro nove contrari. E ciò il 22 agosto 1782!
Ed ora si giudichi qual fede meriti il famoso decreto 22 agosto 1782, citato da Taggia. Fu, invece, il 24 maggio che i Collegi sospesero, per 20 giorni il decreto del 26 aprile e mandarono, al Magistrato, di riferire sulla divisione che esso avea allegato essere già stata fatta. Invece, il 22 agosto fu fatta giustizia, e Riva continuò a vendere le sue gabelle e ne impose, anzi, delle nuove ed eccone le prove.
Nell'autunno dell'anno 1784, una grave inondazione del fiume Taggia distrusse le strade, nel territorio di Riva. Fu necessario provvedere con nuove tasse. Ecco un sunto del documento relativo:
1784 giorno di giovedì 28 del mese di ottobre all'ora di vespro nel venerando oratorio sotto il titolo di S. Giobatta ecc.
Radunatosi e congregatosi il M.co Gen.le Parlamenti degli Uomini di questa Comunità e luogo della Riva ecc.
I sindaci espongono lo stato delle strade danneggiate dall'inondazione e come occorra provvedere con deliberare una gabella a pubblico vantaggio del tenore seguente: « che tutti i vini forastieri che saranno introdotti per via di mare nel presente luogo da forastieri e per conto de forastieri debbano pagare sei soldi per ogni salmata di vino, dichiarando che sotto nome di vini forestieri s'intendono tutti quelli vini che non sono nati nel territorio della presente comunità, e per forastieri si intendono tutti coloro che non sono nativi del presente luogo o abitanti da dieci anni nel medesimo luogo da durare, sud.a imposizione di gabelle per un sexennio e prorogabile per un altro sexennio successivo ecc. ».
Si propose inoltre:
Che i pescatori di qualunque paese che calano pesci in questo luogo paghino soldi sei, per ogni rubbo di pesci da applicarsi alla chiesa parrocchiale.

1785 - 4 maggio.

Letta all'Ill.mo Mag.to ecc.
Si rimetta all'Ill.mo Deputato alla Provincia perché refera ecc.
Silvano, Cancelliere

1785 - 21 giugno.

Inteso... quanto ha riferito l'Ill.mo Sig. Paolo Franco Spinola...
Si comprovano sudette deliberazioni in tutto e per tutto come in esse con conditione espressa che eseguitosi il ristoro delle strade il prodotto et avanzi della sud.a imposizione debba andare in estinzione dei debiti della d.a comunità della Riva di Taggia...
Per Ill.mo Mag.tum Comm.tum ad Calculos.
Silvano, Cancelliere (2).

Segue altro decreto del Magistrato delle Comunità che approvò la deliberazione del Parlamento, di Riva di appaltare la detta gabella.

1789 - 3 settembre.

Si permette alla d.a Comunità di poter per altro quinquennio vendere l'appalto dell'int.ne de vini forestieri purché questo si eseguisca alla pubblica subasta e sotto modi forme e condizioni che stimerà prescrivere l'Ill.mo Deputato alla Provincia ecc.
Nell'anno 1793 fu prorogata, con decreto delli 24 maggio, l'applicazione di tale imposizione, per altri sei anni. Successivamente, il 2 giugno di quell'anno, il parlamento di Riva, estese la tassa anche ai residenti nel comune, che introducessero, nel territorio, vino forestiero e tale variazione fu approvata, con decreto delli 12 dicembre. Risulta, eziandio, da un certificato del cancelliere della comunità, che, astrazione fatta dalla gabella dell'olio, tutte le altre gabelle si appaltavano.

1793 - 25 giugno.

Io Not.ro e Canc.re della M.ca Comunità della Riva Faccio Fede qualmente li redditi ossia introiti delle Gabelle di sud.a M. Comt.à anno 1793 - 1794 venduti in pubblica subasta sono:

Gabelladel Macello a G. B. ConioL.515
    "dell'intr.ne del Vino a Lazaro Maglio"310
    "Stradde a Giacomo Filippi"74
Panataria a G. B. Ginata"101

Il forno è appaltato da massari della parrocchiale ecc.
Finalmente, nel 10 luglio 1796, volendo il comune soddisfare i propri creditori, il parlamento ristabilì l'antica gabella della censaria già decretata nel 1766 ed approvata dal Senato, ed applicata, soltanto per breve lasso di tempo.
Tale ristabilimento fu approvato, dal Senato, con decreto 26 agosto 1796. Per Serenissimum Senatum ad calculos.
Felice Giacinto

MOX

Si rinnova il decreto colla clausola vel non.
Felice Giacinto

E dopo tutto ciò, dica pure Taggia che Riva non potè vendere le sue gabelle, perché la divisione del 1753 ed il regolamento Lomellino del 1755, non furono mandati ad effetto (3).
Caduta la Repubblica Genovese, ed inaugurandosi il governo democratico fu, dapprima, provveduto alla divisione del territorio ligure, colla famosa legge del 1798, della quale, più sopra, abbiamo tenuto parola, dimostrando come sia stata revocata. Ma Taggia, tanto tenera di tal data, dimentica un'altra legge ligure, dello stesso anno. È la legge del 7 maggio 1798, relativa alla formazione del nuovo cadastro. Con tale legge, si ordinava (art. I.) « che i cittadini debbono denunciare i beni alle municipalità nel cui circondario esistono, entro 50 giorni. Trascorso tale termine le municipalità doveano far procedere all'estimo dei terreni (art. 4) e le denunzie doveano riceversi in due registri, l'uno da custodirsi presso il comune, l'altro presso la centralità.
In esecuzione di tale legge, la municipalità di Riva, si accinse alla formazione del nuovo cadastro, e mandò alle municipalità vicine di diffidare i possessori di terreni, nel suo distretto, perché si presentassero a fare le denunzie.
Le lettere furono spedite ai comuni di Castellaro, Pompeiana, Badalucco, Taggia, S. Stefano ecc. In seguito a tali diffide, si presentarono i possessori forestieri a fare le prescritte denunzie, ed è anzi, pregio, di questa memoria rilevare come esse riguardino, anche, molti beni situati nella regione Grangie, Pescine e Prati ed, inoltre, accennare che, fra i denunzianti, vi sono anche cittadini di Taggia e persino, il prevosto della sua chiesa, che denunziò una terra Prati, confinante a ponente col fiume, evidente che il parroco di Taggia, non dubitava che la regione Prai appartenesse alla Riva.
Ed inoltre, dagli estratti di cadastro, uniti ai documenti, apparisce, come fino entro al fiume Taggia, si spingessero le possessioni degli abitanti di Riva.
Di fronte a questi fatti, avvenuti in seguito ad una legge, debitamente pubblicata e promulgata ed eseguita nel contradditorio e con diffida degli altri comuni, è evidente che le teorie del Fossati, circa il valore probatorio dei registri cadastrali, non possono adattarsi al caso in esame.
In linea di massima, siamo d'accordo con lui. Il cadastro costituisce, non già, una prova, ma una presunzione di fatto, la quale, talora, può anche essere seria e grave (Cass. Torino 13 Gennaio 1860 Sacheri c.° Comune di Prazzo, Bettini XII - I pag. 31 - Cass. di Torino 31 luglio 1866, Galanti c.° Comune di Fontane, Bettini XVIII. I. pag. 609 - Cass. di Firenze 20 aprile 1875. Annali di Giur. Italiana IX. I. 1. pag. 165 - Cass. Torino 28 marzo 1873 - Comune di Novaglie c.° Martuvallo - Annali cit. VII. I. pag. 459. Nei rapporti, poi, fra i particolari proprietari ed i comuni, il cadastro ed il conseguente pagamento di imposte e sovrimposte implica una vera ricognizione. (Corte App. di Genova. Comune di S. Remo c.° Biancheri. 5 giugno 1863. Bettini XV. II. pag. 407).
Tutto ciò in tesi generale; ma il caso nostro è specialissimo. Si tratta di un cadastro, formato in seguito ad una legge, resa pubblica nei modi di legge, preceduta dalle dovute diffide, locché costituisce una solenne affermazione di dominio e giurisdizione, qual maggiore non si potrebbe ideare, tanto più, che, salvo qualche eccezione clandestina, di qualche terreno, tale vasta regione non fu compresa nel cadastro di Taggia, il quale contrasto nella linea di condotta dei due comuni è eloquentissiino, se si riflette che Taggia aveva i cadastri antichi, per la consegna dei quali, prima del 1798, vertiva lite fra i due comuni, mentre che Riva dovette procederne ex novo, alla graduale formazione.
Pur troppo le continue vicissitudini politiche e mutamenti di governo, non permisero che si potesse ultimare l'immane lavoro, per tutto il territorio.
Si è visto, a proposito della legge del 1798, sulla divisione del territorio ligure, quali ne sieno state le successive modificazioni. Pochi anni dopo, le male arti del ministro francese, in Genova, trassero la Repubblica a deliberare la propria morte e l'annessione alla Francia.

La Liguria sotto Napoleone 1°
[ La Liguria sotto Napoleone 1° ]


Fu, quindi, necessario un nuovo provvedimento legislativo, donde la legge del 17 pratile [il mese di pratile (in francese: prairial) era il nono mese del calendario rivoluzionario francese e corrispondeva (a seconda dell'anno) al periodo compreso tra il 20/21 maggio ed il 18/19 giugno nel calendario gregoriano. Era il terzo dei mois du printemps (mesi di primavera); seguiva fiorile e precedeva messidoro. Il mese di pratile deve la sua etimologia "alla fecondità ridente dei prati ed alla raccolta delle messi da maggio a giugno", secondo i termini del rapporto presentato alla Convenzione Nazionale il 3 brumaio anno II (24 ottobre 1793) da Fabre d'Églantine, in nome della "commissione incaricata della stesura del calendario" n.d.r.], anno XIII (1805).
L'art. 1. di detta legge disponeva: Il territorio della già repubblica ligure è diviso in tre dipartimenti, cioè Genova, capoluogo Genova; Montenotte, capoluogo Savona, ed Apennini, capoluogo Chiavari.
L'articolo 3, a sua volta, stabiliva in quattro i circondari (arrondissement) del dipartimento di Montenotte e cioè, Savona, Ceva, Acqui e Porto Maurizio.
Il confine occidentale dell'arrondissement di Porto Maurizio fu fissato alla riva sinistra della Taggia.
Dispose ancora la legge: « Les pays situè sur la rive droite de la Taggia fon partie du département des Alpes Maritimes ». Col successivo decreto del 15 messidoro, gli arrondissement furono divisi in cantoni.
Il dipartimento delle Alpi Marittime constava di tre circondari, Nizza. S. Remo e Poggetto Theniers. Il secondo comprendeva i cantoni di San Remo, Ventimiglia, Bordighiera, Taggia, Triora, Pigna, Briga, Perinaldo e Saorgio. Il quarto cantone, cioè quello di Taggia, era formato dai comuni di Taggia, Bussana, Badalucco, Montalto e Ceriana. L'ultimo cantone occidentale, del dipartimento di Montenotte, era quello di S. Stefano. Questo cantone cominciava, a levante, tra Poggi e S. Lorenzo e confinava, a ponente, colla riva sinistra della Taggia. Tale confine seguitava a delimitare il cantone di S. Stefano ed il dipartimento di Montenotte, sin quasi sotto Montaldo. Puossi, al riguardo, vedere la carta geografica, di questo dipartimento, nell'opera del conte Chabrol di Volvic, che lo illustrò. Riva era, appunto, l'ultimo comune, ad occidente, del cantone di S. Stefano.
Se Taggia faceva parte del dipartimento delle Alpi Marittime e questo avea, per confine orientale, la riva destra della Taggia e Riva, invece, era compresa nel dipartimento di Montenotte, il confine del quale era la sponda sinistra di detto fiume, chiaro è che Taggia nulla possedeva del territorio situato al di là, cioè ad oriente della Taggia, e quindi il terreno controverso apparteneva a Riva. Tutto ciò è evidente. Dice il Chabrol (pag. 14): « L'Argentine prend sa source au dessus de Triora, elle formoi (l'opera fu scritta dopo la caduta di Napoleone I e la ristorazione) les limites du departement de Montenotte, ses eaux ravagent (riva destra) la plaine de Taggia et (sponda sinistra) de Riva ».
Ma il memoriale, dell'arbitro di Taggia, richiama la lettera del ministro dell'interno del giugno 1810, che viene qualificata, nientemeno, quale decreto del governo centrale. Anzitutto, osserviamo che una lettera di un ministro, non può modificare la legge, ma esaminiamo, pure, un tale documento. Scrive il ministro al prefetto delle Alpi Marittime: La prétention des cominunes du Département de Montenotte sur une partie du territoire de celle de Taggia n'etant fondée que sur de motifs de convenance qui ne son avouès par aucum des deux Préfets, ecc.
Risulta che non Riva solo, ma Castellaro e Pompeiana aveano pretese, ma non si dice quale sia il territorio su cui tali pretese, fondate su ragioni di convenienza, si voleano esercitare. Certo si trattava del territorio al di là della Taggia, una parte del quale (cioè i boschi) erano comuni a Taggia, Riva e Pompeiana. Se la legge, del pratile 1805, fissò il confine dei due dipartimenti al fiume Taggia, se tutta Riva era compresa nel dipartimento di Montenotte e tutta Taggia in quello delle Alpi Marittime, chiaro è che Riva non poteva spingersi ad occidente del fiume, né Taggia ad oriente, a meno che non si voglia sostenere che il comune di Taggia fu diviso in due parti, una compresa in un dipartimento, l'altra nell'altro, ciò che è semplicemente ridicolo.
Veggasi, ripetiamolo, il libro del conte Chabrol de Volvic « Statistique de l'ancien departement de Montenotte - Paris Iules Didot. 1824 » con la carta geografica annessa. Ed il Chabrol, per chi non sapesse, fu appunto prefetto di detto dipartimento.
Adunque, il cantone di Taggia, e quindi il comune stesso (dipartimento delle Alpi Marittime), non oltrepassava il fiume Taggia verso sinistra, come il cantone di S. Stefano, e quindi Riva (dipartimento di Montenotte), non oltrepassava il fiume verso la sponda destra. La lettera del ministro non parla della legge, del pratile 1805, ma si richiama alla legge del 1790, che non riguarda affatto la questione del territorio in contesa.
Un tale stato di cose durò anche dopo la ristaurazione. Il mandamento di S. Stefano fu conservato, coi suoi confini col provvisororio Regio Editto del 4 aprile 1815. Col Regio Editto 10 novembre 1818, si provvide, in modo stabile, alla circoscrizione giudiziaria-amministrativa.
L'art. 1. stabiliva: I nostri stati di terraferma sono circoscritti in divisioni, Provincie, Mandamenti e Comunità, a termini dello stato annesso presente sotto il numero 1.
Art. 2. - La porzione di territorio e di abitanti dipendenti da una medesima amministrazione civica costituisce una comunità.
I cangiamenti delle circoscrizioni (art. 24) amministrative erano solo quelli di cui nello stato numero 4, nel quale stato, non figurano né Riva, né Taggia né i rispettivi loro mandamenti.
Il 5.° mandamento della provincia di S. Remo, divisione di Nizza, era S. Stefano al mare, comprendente i comuni di S. Stefano, Boscomare, Castellaro, Cipressa, Costa, Rainera, Lengueglia, Pompeiana, S. Lorenzo, Terzorio e Riva. Il confine occidentale, di tale mandamento, era la riva sinistra del fiume Taggia.
Il sesto mandamento era quello di Taggia, coi comuni di Taggia, Badalucco e Bussana. Lo stato n. 2 stabilì un ufficio di insinuazione in S. Remo, per i mandamenti di S. Remo e S. Stefano ed uno in Taggia, per i mandamenti di Taggia, Ceriana e Triora. Il confine del mandamento di S. Stefano, alla riva sinistra della Taggia, durò sino all'anno 1891, epoca in cui fu soppressa tale pretura.
Ed ora accenneremo a vari fatti, i quali confermano lo spiccato possesso da parte di Riva, nel territorio, in questione, sino alla riva sinistra del fiume. Faremo qui, solo, menzione di alcuni più salienti, rimandando, per altri, all'incartamento del comune di Riva, unito alla pratica.
1797-98. S'inizia, da parte di Riva, la costruzione del riparo, lungo la riva sinistra del fiume Taggia.
1817. Pratica fra i proprietari di Riva ed il Demanio a riguardo dei detti ripari.
1817 6 settembre. Si permette la continuazione dei lavori.
1821 2 agosto. Molti proprietari di Riva, chiedono la formazione di un consorzio per proseguire tali lavori, consorzio approvato con decreto 26 settembre 1821, del vice intendente Spinola, nativo di Taggia. Le opposizioni, venute poi, dai proprietari di Taggia, non avevano la loro base in una questione di giurisdizione o di confini, poiché essi sostenevano che tali ripari erano repellenti vale a dire, spingevano le acque verso la sponda destra del fiume. Il consorzio, più tardi, si allargò, comprendendo, ad istanza di Riva, proprietari di Taggia e se, per ragioni di opportunità e di convenienza, se ne trasportò la sede a Taggia, centro maggiore, ciò non ha influenza sulla questione dei confini.
Riva continuò a dipendere, però, dalla conservatoria delle ipoteche di Porto Maurizio, che comprendeva tutto il territorio da Borghetto S. Spirito, sino alla riva sinistra del fiume Taggia, essendone Riva l'ultimo comune, dal lato di occidente.
Veggasi la lettera del 14 giugno 1819, del conservatore, il quale, per togliere di mezzo una falsa credenza, ingeneratasi nel pubblico, di modificazioni avvenute nella sua giurisdizione, avvertì il sindaco di Riva, che il circondario della sua conservatoria, continuava ad estendersi dal Borghetto, sino al fiume Taggia.
1821 gennaio 31. Andrea Gatti, compratore di beni già appartenenti alla famiglia Boeri di Taggia, insorse per non pagare la tassa fondiaria in Taggia, essendo i beni nel territorio di Riva, ossia nel territorio, oggi in discussione. Malgrado le opposizioni di Taggia, il vice intendente Spinola, ordinò che il pagamento delle tasse avvenisse a Riva.
1839. Si costruì il nuovo tronco della strada provinciale, nella regione Prati e tutti gli atti relativi, espropriazioni, pubblicazioni, decreti, ecc. considerarono il terreno espropriando, come compreso entro il territorio di Riva. È eloquente la deliberazione consigliare di Riva, delli 8 gennaio 1846, cui fa seguito il decreto di approvazione, dell'intendente, in data 16 gennaio.
1847. Quanto si è detto, sopra, dee ripetersi per la formazione di un altro tronco di strada, per l'accesso al nuovo ponte sull'Argentina. Decreto 6 giugno 1847 e 14 agosto 1847 ed altri.
Quanto si fece per la via provinciale, si ripetè per la costruzione della ferrovia litoranea. Veggansi gli atti relativi, cominciando dall'inizio dei lavori colla « Nota delie piante atterrate per il tracciamento della linea di strada ferrata fra Riva e il torrente Argentina sul territorio del comune di Riva Ligure.
1885. Vendita di terreni incolti di proprietà della provincia, situati presso l'argine sinistro del fiume Argentina, territorio di Riva Ligure, ed atti relativi.
1887-1888. Vari decreti della Deputazione Provinciale a riguardo alle tasse di fuocatico e famiglia, bestiame, ecc. per individui abitanti nella regione Prati.
È pregio, di questa esposizione non omettere un breve accenno ad uno di tali decreti, emesso, sul ricorso di tal Rossello Giuseppe, per la tassa fuocatico.

LA DEPUTAZIONE PROVINCIALE

« Visto il ricorso di Rossello Giuseppe...
Sentito il regio commissario di Taggia e la giunta municipale di Riva Ligure;
Visti i documenti...
Ritenuto che dai medesimi risulta che la regione Prai, nella quale è situata la casa del Rossello appartiene al comune di Riva Ligure;

DELIBERA:

Di accogliere il ricorso del Rossello e mandarlo a cancellare dal Ruolo Tassa fuocatico del Comune di Taggia ».
1889 17 maggio. Il comune di Taggia, con sua lettera, diretta al Sotto Prefetto, riconosce che la giurisdizione di Riva Ligure termina al ponte, sull'Argentina.
Ed eccoci al fine del nostro lavoro.
Riepilogando, noi abbiamo dimostrato, che anche, avuto riguardo, semplicemente, alla giurisdizione ecclesiastica, la parrocchia di S. Maurizio, si spingeva sino alla via dei Gattini, che è appunto il confine proposto, dal capo del collegio arbitrale, nella sua relazione. In secondo luogo, per mezzo dei monumenti legislativi abbiamo fornito la prova che la legge del 1798, non può invocarsi, perché revocata, ed in ultimo, colla scorta di atti e documenti ineceppibili, posta la questione sul terreno della giurisdizione civile, abbiamo provato che il territorio, preteso dal comune di Riva, le appartiene legittimamente.

Alla relazione dell'avv. Accame, al fondo delle pagine (da 83 a 144), sono allegate le copie di tutti i documenti ai quali si è ispirato.


Bibliografia:

  1. Archivio di Stato in Genova. Diversorum Collegi filza 344 anno 1782.
  2. Archivio cit. Filza Communitatum a Petra ultra n. 313.
  3. Per evitare tante citazioni avvertiamo che tutti questi documenti si trovano nella citata filza Communitatum n. 313.


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