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APPUNTI E NOTIZIE SUL TERRITORIO DI ARMA E TAGGIA (5)


  Cap. 5
 
 

Cap. 5

L'esistenza della mansione romana di Costa Balena e del Capo Armea, e della stazione navale del Tavia Fluvius, potevan esser causa di grande sviluppo e sicuro progresso di queste località se gli abitanti non avessero dovuto disertare e preferire l'abitazione di altri paesi o più internati nelle vallate, o meglio difesi dalle distruzioni di barbari invasori che troppo facilmente vi accedevano dalla riva del mare.
Le sorti di questi nostri paesi essendo strettamente collegate con quelle di tutta la Liguria crediamo necessario esporre brevemente le più importanti notizie che si riferiscono alle vicende politiche dei primi dieci secoli dell'era cristiana.
Vuole l'antica tradizione che il primo banditore della religione cristiana in Liguria sia stato l'apostolo Barnaba (anni 51-63):
Si ritiene più verosimile la venuta dei Santi Celso e Nazario. Esiliati da Cimella avrebbero predicato il Vangelo a Ventimiglia; perseguitati fuggirono e furono martirizzati e uccisi a Milano dal Vicario del crudelissimo imperatore Nerone.
Altri propugnatori della religione avrebbero visitato queste nostre contrade e cioè S. Calimero Vescovo di Milano, san Dalmazzo (a. 250) san Marcellino, san Vincenzo, san Siro primo vescovo d| Pavia (a. 300 e 334) san Martino_di Tours (a. 353).
Il vescovo Eusebio di Vercelli trovò nei pastori preposti alle chiese della Liguria dei validi difensori della religione specialmente in tempi di scismi.
Assai funeste furono le invasioni dei Goti condotti Alarico nel 402 e nel 409; moltissime famiglie fuggirono in Corsica ed in Sardegna.
Costanzo, generale dell'Imperatore Onorio, nel 414, scacciò quei barbari e venne perciò riguardato come il restauratore dell'Ingaunia avendone ricondotti gli abitanti e ripristinato il commercio.
Il che ci è reso noto da una preziosa inscrizione trovata nel 1565 in Albenga, accennata dal Muratori nei suoi annali e da lui assegnata all'anno 414. Essa ci ricorda che Costanzo liberò i Galli dai Goti, riordinò i liguri, assegnò il luogo alle mura, alzò edifici, costrusse un porto ed elevò Albenga al grado di prima città (vedi Rossi, Storia d'Albenga, pag. 72).
A quest'epoca si riferisce la vita di Sant'Ampeglio, monaco venuto dalla Tebaide, morto in una grotta del Capo di Bordighera il 5 ottobre 428.
Odoacre re degli Eruli nel 476 detronizzò Augustolo che fu l'ultimo imperatore di Roma, e s'impadronì dell'Italia; però quantunque ariano rispettò i cattolici.
Nel 490 Gondebaldo re di Borgogna invase i nostri paesi, li saccheggiò e ne condusse gli abitanti in ischiavitù nelle gallie. Tre anni dopo essi furono riscattati da Teodorico re degli Ostrogoti, rimasto unico padrone dell'Italia.
Per farsi forte in mare e resistere agli imperatori di Oriente, e per difendere le spiaggioe dai Vandali che continuavano a pirateggiare commettendo grandi devastazioni, ordinò la costruzione di mille dromoni, vascelli capaci di 100 a 200 remiganti - ed allora le nostre spiaggie furono in grande attività per tali lavori eseguiti coi buoni legnami delle ricche abbondanti e fertili nostre foreste.
Dalle lettere del suo ministro Cassiodoro si conoscono pure le provvigioni di frumento fatte da Teodorico alla Liguria. Morì nel 526.
Siro fu inviato dal Vescovo di Genova Felice nella Villa Matuciana (odierna Sanremo) per coadiuvare Ormisda a diffondere e amministrare la fede cattolica. Appena ivi giunto egli guarì la figlia di un certo Gallione agente del fisco, la quale dicevasi malata per ossessione diabolica. Per gratitudine e riconoscenza Gallione fece donazione a Siro eiusque successoribus di molti beni situati sul territorio di Taggia, curtem que Tabia nuncupatur, a quattro miglia dalla Villa Matuciana.
L'espressione eiusque successoribus era sempre usata dai notari antichi in tutti gli atti riferentesi a vendite, donazioni o lunghi affitti, e valeva a indicare tanto i successori per eredità come per vendita o per qualsiasi altro modo di cessione o sostituzione. Perciò sarebbe vana ogni critica fondata sul senso che modernamente può attribuirsi a tal espressione.
L'eccelsa autorità del Muratori ci spiega il senso della parola corte in modo pur ammesso da altri dotti e perciò lasciamo a parte il parere di scrittori di minor scienza. Corte significava anticamente non già semplici poderi, ma ville intere, che per lo più contenevano anche un castello. Nelle corti si recava il rappresentante del Re per rendere giustizia, ed ivi convenivano gli abitanti delle ville circostanti, vi si pubblicavano le leggi e gli ordini emanati dalle superiori Autorità dello Stato.
Costituiva una villa l'insieme di parecchie case o gruppi di case, molini, fienili, officine, con l'annesso territorio coltivato dagli abitanti di tutte quelle case; la corte poteva comprendere più ville.
Il territorio della Corte di Taggia confinava a ponente coll'Armea comprendendo così il territorio di Arma e Bussana; a levante col fossato ora detto di S. Lorenzo.
Il centro più importante dei terreni donati a Siro da Gallione era quello di Porzano; questo fu infatti il primo nucleo che costituì poi il dominio di Villaregia detto poi Santo Stefano, che trovasi alla distanza di quattro miglia dal territorio della Villa Matuciana; i fatti e i documenti confermano appieno e ribattono la verità della leggenda (Belgrano, Reg. Arc. Vol. II, p. 488).
Il nome di Capo San Siro fu attribuito alla località di Costabalena perché accennava la ubicazione dei beni di San Siro, essendo quello il limite più meridionale del territorio di Taggia a levante della Vallata. Ma è pur probabile che ivi fosse eretta una chiesa forse dedicata a San Siro, come ci par di scorgere dalla relazione sulle scoperte fatte in questa località nel 1829.
All'epoca della donazione non esisteva dunque più l'antica Costabalena, e quei dintorni erano interamente abbandonati; è per tale motivo che molti beni diventarono proprietà Regia o del fisco. Diversamente non avrebbe potuto Gallione donare a Siro dei terreni situati in luoghi che ancora poco tempo prima avevano quell'importanza che ci è rivelala dagli antichi itinerari stradali e dai ruderi tutt'ora esistenti di Arma, di Costa Balena, di Porzano. E qui va notato che l'antica carte stradale che ci indica la stazione di Costabalena si riferisce all'epoca dell'imperatore Teodosio [Flavio Teodosio, conosciuto anche come Teodosio I (nato l'11 gennaio 347, morto il 17 gennaio 395), è stato un imperatore romano dal 379 fino alla sua morte. Fu l'ultimo imperatore a regnare su di un impero unificato e fece del Cristianesimo la religione unica e obbligatoria dell'Impero; per questo fu chiamato "Teodosio il Grande" dagli scrittori cristiani]. Morì nel 395, pochi anni prima delle invasioni dei Goti e della distruzione di Albenga.
La donazione di Gallione aveva forse per iscopo indiretto di ripopolare quelle terre che erano troppo distanti dai luoghi abitati di Sanremo e di Taggia, e per conseguenza di accrescere il reddito dell'erario colle imposte sui novelli coltivatori dei terreni.
Dopo la morte di Teodorico, Giustiniano imperatore d'Oriente mandò in Italia Belisario, per ricuperarla all'impero. I liguri disgustati per causa delle persecuzioni che Teodorico aveva intrapreso contro i cristiani negli ultimi anni del suo regno, desideravano di essere governati da un principe cattolico, perciò si sollevarono contro i Goti tostoché intesero lo sbarco a Genova d'un distaccamento inviato in loro soccorso. Ma non essendosi potuti sostenere ricaddero in balia dei barbari e ne provarono la vendetta (Pira, Storia d'Oneglia).
Nel 539 Teodeberto Re dei Franchi, prevalendosi di quella guerra che indeboliva Goti e Greci, scese due volte dalle Alpi con grosso esercito, vinse le due armate e saccheggiò spietatamente questi paesi introducendovi anche l'epidemia. A tanta sciagura seguì ancora una spaventosa fame.
Narsete altro rinomato generale di Giustiniano riuscì nel 554 a scacciare dall'Italia i barbari, così il loro dominio durò in Liguria 77 anni.
Ma la nuova dominazione dei Greci non corrispose all'aspettazione dei popoli; le gravezze furono moltiplicate e si usò eccessivo rigore per esigerle. Crebbero poi a dismisura allorché nel 568 Alboino Re dei Longobardi s'impadronì della massima parte dell'Italia lasciando all'imperatore greco soltanto le città dell'esarcato di Ravenna, il ducato di Roma e la nostra Liguria marittima che ebbe il nome di provincia delle Alpi Cozie.
Prima d'allora col nome di Liguria era chiamata una più vasta regione comprendente il Piemonte, la Liguria e la Lombardia. Milano era la capitale di questa vasta provincia ed è per questo che la diocesi di Albenga come quella di Ventimiglia dipendevano dalla Metropolitana di Milano; furono sottoposte a quella di Genova solo nel secolo XII (Albenga), e nel XIX (Ventimiglia).
Nell'anno 641 Rotari re dei Longobardi assalì la Liguria mettendo a ferro e fuoco i paesi del littorale usque ad francorum finem dice Paolo Diacono. È opinione però che dopo tale strazio, Rotari abbia quasi del tutto abbandonato la Liguria marittima e questa sia rimasta per qualche tempo quasi indipendente.
Fra i successori di Rotari nacquero contese civili e discordie col Papa le quali furono cagione della chiamata dei Franchi in Italia.
Rotari essendo Ariano aveva spogliato la Chiesa di tutti i numerosi possedimenti che Essa aveva acquistato dall'epoca della protezione dell'imperatore Costantino (a. 313). Ma i successori di Rotari restituirono il mal tolto ed anzi accrebbero i dominii della Chiesa. È celebre la donazione delle Alpi Cozie fatta, da Ariperto II al papa Giovanni VII nel 705 e confermata dai successori (vedi cap. IV).
Pare però che gli ecclesiastici non avessero ancora l'esercizio di giurisdizione che ottennero solo dopo l'ottavo secolo specialmente per opera di Carlo Magno. In allora i Vescovi e gli Abati ebbero la dignità dei grandi funzionari dell'impero con quei stessi diritti che avevano i Signori feudali per cui vennero considerati come vere e proprie signorie feudali i dominii di Sanremo, di Val d'Oneglia, di Villaregia o Santo Stefano, e di Seborga.
Il dominio dei Longobardi terminò nell'anno 774 colla venuta dei Franchi; così durò 206 anni in Italia ma solo 126 nella nostra Liguria.
Ma una grande nuova calamità apparve in quei tempi, e fu causa della rovina di tutti i paesi del nostro littorale; questa fu la comparsa di terribili nemici nostri avversari per razza e per religione, i Saraceni.


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